La felicità di non sapere [NC17 - OneShot]

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Aleki77
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Scritta per il primo contest indetto da CottonCandy Forum


    La felicità di non sapere




    Lo studio era in penombra, lui era steso sulla sua poltrona, con le gambe distese, sembrava rilassato anche se il suo giocare con il bastone tradiva la sua inquietudine.

    “Abbiamo iniziato la terapia di chelazione con il Dimercaprol.”– Disse una voce alle sue spalle.

    “Sono elettrizzato.”

    “Le funzioni renali non migliorano.”

    “Dagli tempo.”

    “Avrà bisogno di un trapianto di polmoni.”

    “Mi sto innamorando di questo paziente.”

    “Sei soddisfatto? Eh? Pensi di aver provato che il matrimonio è un errore?”

    “Ti sembro soddisfatto?” – Disse lui guardandola.

    Lei lo prese come un invito e gli si avvicinò. Alzò leggermente la maglia da un fianco e con un movimento lento e decisamente provocante si sfilò le banconote da venti arrotolate, che sembrava aver messo lì giusto per provocarlo.
    Lei gli tese i soldi, le dita si sfiorarono mentre lui riscuoteva la sua vincita. I loro sguardi esprimevano desiderio, passione e tristezza.

    Le dita indugiarono a mettere fine a quel contatto, del resto i loro corpi bramavano di avere un contatto, ma il cervello già gli comandava di interrompere quelle sensazioni perché altrimenti avrebbe perso il proprio dominio sul corpo.

    “Chi non sa è felice.”

    I loro sguardi si incrociarono ancora.
    Lui con movimento deciso le riafferrò il polso che lei stava ritraendo e la tirò verso di se.
    Lei gli finì addosso, per fortuna sulla gamba sana. Senza darle il tempo di reagire o di capire che cosa stesse accadendo la baciò con rabbia, con nervosismo, con passione, lei rispose al bacio, ma non fu meno gentile di lui.

    Si staccarono per riprendere fiato e si guardarono negli occhi.

    “Non sempre chi è all’oscuro delle cose è felice.” – Le disse mentre manteneva il contatto visivo.

    “Essere a conoscenza che la donna che ami e di cui ti fidi ti voleva uccidere ti renderebbe felice?”

    “La conoscenza rende liberi.”

    “Da cosa ti rende liberi? Da un sogno? Da un desiderio? Da cosa?”

    “Quando l’hanno scorso mi hai chiesto se tu mi piacevi e io ti ho detto che non dovevi saperlo la cosa ti ha dato felicità o ti ha provocato frustrazione e irritazione?”

    “Si, li ho provato entrambi, ma lasciava spazio per pensare che invece io ti potessi piacere.”

    “La speranza però non risolve i problemi.”

    “No, ma almeno per un po’ non li fa sembrare più grandi di quello che sono.”

    “Tu parli troppo.”

    Riprese a baciarla. Lei rispose con rinnovata passione. Lei mani di lui finirono sotto al suo maglione, lei lo lasciò fare, del resto le sue era già sotto la sua maglietta. Sembrava che per loro non ci fosse pace.
    I baci e le carezze cominciavano a farsi seri e sempre più approfonditi, del resto la tensione sessuale era palpabile tra loro anche solamente mentre discutevano, ora gli stavano dando sfogo, ignorando completamente che chiunque avrebbe potuto vederli.

    Il bastone di lui cadde e quel rumore li portò alla realtà.

    “Forse è meglio che ti alzi.”

    Un lampo di sorpresa passò negli occhi di lei, ma del resto doveva aspettarselo. Lui è lui.
    Si alzò velocemente e senza guardarlo negli occhi, si sistemò il maglione e fece per uscire dal suo studio.

    “Dove vai?”

    “A casa.” – Gli rispose senza fermasi, senza guardarlo.

    Lui con fatica si alzò dalla poltrona.

    “Fermati!”

    “Perché?” – Disse fermandosi guardando ostinatamente oltre la porta del suo ufficio.

    “Perché voglio che tu venga con me.”

    “Perché dovrei venire con te?”

    “Fidati! Ti sei sempre fidata più di me che di te stessa, fallo anche ora.”

    “Non sono sicura che sia una buona idea.”

    “Lo sarà.”

    Con fatica raccolse il bastone e la raggiunse. Lei era ferma immobile, gli occhi fissi sul corridoio.

    Improvvisamente lei spalancò gli occhi, le aveva spostato i capelli dal collo e ora poteva sentire il suo respiro sulla sua pelle.

    “Seguimi.” - Glielo disse mentre si strusciava addosso a lei.

    Lei non sapeva cosa fare. La sua parte razionale le diceva di correre, di mettersi in salvo, il suo cuore e lo stimolo sessuale di seguirlo ovunque.
    Due a uno, lo seguì.


    Presero l’ascensore, le porte si aprirono nei sotterranei.

    “Ma siamo nell’obitorio!”

    “Ragazzina, non serve sottolineare l’evidente.”

    “Ma…”

    “Niente ma! Entra.” - Disse lui mentre le apriva la porta con fare galante.

    Lui la spinse in una stanza buia. Con la mano libera cercò l’interruttore della luce, lo premette e la cruda luce del neon rivelò che si trovavano in un piccolo studio medico ormai in disuso.

    “Ben venuta nel mio rifugio anti Cuddy.”

    “Sapevo della terrazza, dello studio di Wilson e del salottino dei ginecologi, ma questo posto è decisamente inconsueto.”

    I loro occhi si incontrarono di nuovo e la tensione sessuale che c’era tra loro riesplose. Lui la spinse contro la parete e cominciò a baciarla con forza, con passione, con cattiveria.
    Lei non gli oppose resistenza, ma non voleva soccombere a lui, gli spinse la lingua in bocca, con forza, lui la ospitò e poi la respinse per imitarla.

    Le loro mani ripresero da dove avevano lasciato. Lui la toccò ovunque, lei ebbe pietà solo per la sua coscia distrutta.

    Ancora con i vestiti addosso lui la costrinse a sdraiarsi sulla vecchia ma solida scrivania.
    Quando le alzò il maglione baciò, leccò e morse la sua pelle delicata. Con le mani le strinse i seni. Dalla gola di lei uscì un gemito di piacere quando le morse i capezzoli.

    Entrambi erano eccitati e i loro corpi ormai rispondevano solo agli istinti primordiali, niente amore, niente strategia solo ricerca del piacere personale.
    Lei gli slacciò i pantaloni con concitazione, lui fece altrettanto con quelli di lei.

    Senza sfilare la biancheria, ma solamente spostandola, lui la penetrò con forza, lei con il movimento del bacino gli facilitò l’accesso.

    Avanti e indietro. Avanti e indietro. Avanti e indietro. Le correnti del piacere erano come scosse elettriche che attraversavano e sconquassavano la mente dei due amanti.

    Il piacere arrivò per entrambi. “DIO!” – Urlò lei.

    Lui si accasciò stremato su di lei, mentre pian piano la razionalità riprese il controllo sul corpo.

    Il respirò e il battito cardiaco cominciarono a normalizzarsi. Nessuno dei due voleva parlare. Rimasero così, una sopra l’altro per diversi minuti, fino a quando lui non fu costretto a prendere un vicodin perché il dolore alla gamba era diventato insopportabile.

    Lui le offrì una mano per rimettersi a sedere, lei la accettò.

    Scese dalla scrivania per rimettersi in ordine i vestiti, faceva vagare lo sguardo per la stanza cercando di non soffermarsi su di lui e sui suoi occhi blu.

    “Pensavo non credessi in Dio!”

    “E’ così infatti, ma con il sesso a volte devo ricredermi.”

    Lui si mise a ridere. Lei anche. La tensione era stata spezzata.

    “Voglio che riaccada.” – Disse lui precipitosamente.

    “Quando?”

    “Non lo so, in un futuro.”

    “Citando quello che mi ha detto una persona non molto tempo fa: se due persone che fanno del sesso e non è male, se capita l’occasione lo rifaranno.”

    “Grande verità.”

    “Me ne torno a casa.”

    “Hei, aspetta.”

    “Che c’è?”

    “Sei arrabbiata?”

    “Per aver fatto dell’ottimo sesso non protetto con il mio capo?”

    “Si, qualcosa del genere.”

    “No, solo che sto cercando di abituarmi alla filosofia di Chase: non ti aspettare nulla dagli altri, così nessuno potrà deluderti e tutto quello che verrà sarà in più.”

    “Ottima filosofia, un po’ pessimista e non adatta a te. Stai passando troppo tempo con Chase.”

    “Che c’è, geloso?”

    Un lampo di rabbia gli passò nei suoi occhi. La spinse ancora una volta contro la parete con fare minaccioso.

    “Una volta ti piacevo. Che cosa è cambiato?”

    “Nulla, solo che ora mi difendo, non sono solo una crocerossina!”

    Un sorriso pericoloso si delineò sulle sue labbra.

    “Non mi dispiace che tu abbia tirato fuori l’orgoglio, ma ti preferisco nella versione ottimista. Andiamo.”

    “Dove?”

    “A fare un giro. Non ti va?”

    “Non è questo, ho chiesto dove.”

    “Alla luce del sole, l’oscurità ti fa male.”


    Andarono sul terrazzo dell’ospedale. L’aria era frizzante, ma decisamente era piacevole. Le sembrò di schiarirsi le idee mentre l’aria fresca le entrava nei polmoni.

    “Perché pensi che non sia meglio non sapere?”

    “Non lo penso su tutto.”

    “E allora su cosa?”

    “Nelle relazioni la sincerità è importante, ma se uno o entrambi fanno un errore che non porta a conseguenze, non penso sia necessario informare l’altro.”

    “Cioè tu, Miss Sincerità, mi stai dicendo che in una relazione tu saresti in grado di mentire?”

    “Si, e l’ho già fatto.”

    “Oltre a tuo marito hai avuto altre relazioni importanti nella tua vita?”

    “No.”

    “Quindi hai tradito tuo marito!”

    “Si.” – Disse con un filo di voce. – “Mi innamorai del suo migliore amico, ma non l’ho mai toccato.”

    “Mi stai dicendo che non l’hai tradito fisicamente.”

    “Già, anche se penso di aver fatto una cosa ben peggiore.”

    “Guardami! Guardami!” – Le disse mentre le stringeva le spalle.

    Lei alzò il viso e lo guardò negli occhi. – “Eri giovane, e l’hai sposato perché era in punto di morte, gli hai dato speranza, ogni giorno sei stata con lui fino alla fine, non hai fatto niente di male.”

    “Ma se gli avessi detto che il mio amore non era per lui, ma per il suo migliore amico, sarebbe morto solo e disperato.”

    “Si è vero, le cose probabilmente sarebbero andate così, hai dovuto confrontare i tuoi principi che erano in conflitto e scegliere cos’era sacrificabile. Ma se fosse stata una relazione normale, senza la sua morte imminente, dirgli la verità sarebbe stata l’unica cosa che avrebbe potuto liberarti da una relazione che ormai era finita.”

    “Forse. Ora rispondi alla mia domanda. Io ti piaccio?”

    Lui rimase immobile, le tolse le mani dalle spalle e fece un passo indietro.

    Lei rimase a fissarlo negli occhi fino a quando lui non glielo permise più.

    Trascorsero diversi secondi che divennero minuti.

    “A un no, preferisco non sapere, almeno ho ancora un po’ di speranza.” – Gli disse mentre si dirigeva all’uscita.

    “E se fosse stato un si?”

    “Sarebbe stato meglio, ma tanto so che anche se lo fosse non me lo dirai. A domani.”

    Lei uscì e lo lasciò da solo.

    Lui si sedette sul parapetto e guardando l’orizzonte disse: -“Si, tu mi piaci molto.”
     
    Top
    .
0 replies since 14/6/2008, 03:56   98 views
  Share  
.