Mile High Club [NC17 - Completa]

Dedicata interamente alla mia scimmietta Alex [House&Cameronthebest]

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  1. Aleki77
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    High Mile Club


    New York – Havana

    Parte prima




    Allison sprofondò nella poltroncina dell’aereo, erano già tre ore che avevano lasciato il JFK e ancora non capiva che ci facesse lei lì.
    Alzò lo sguardo sui monitor per controllare ancora una volta i parametri della paziente. Prese la check list e iniziò a segnare sul modulo:

    - Pressione arteriosa 120/70 mmHg
    - Saturazione 99% con ossigeno a 1 litro

    Questo maledetto concentratore di ossigeno fa troppo rumore! – Pensò Cameron continuando a scrivere.

    - Frequenza cardiaca 69 battiti/minuto
    - Frequenza respiratoria 13 atti/minuto

    Appoggiò la cartellina e si guardò attorno, era la prima volta che prendeva un volo sanitario e soprattutto che era parte integrante dell’equipaggio. L’infermiere le aveva gentilmente spiegato le apparecchiature presenti e le manovre d’emergenza da effettuare nel caso l’aereo avesse presentato dei guasti, ma sorridendo le aveva assicurato che le informazioni erano solamente parte di una routine consolidata per scacciare la sfortuna, ma lei non si era sentita più sicura.

    Si sporse un poco dal sedile e vide alla sua sinistra il suo capo sprofondato nel sedile, mentre dormiva beatamente a bocca aperta con l’ipod appeso al collo e la musica sparata nelle orecchie. Allison si accorse che, concentrandosi per una manciata di secondi, riusciva persino a sentire che cosa stava ascoltando. Chiuse gli occhi e distintamente percepì la batteria che scandiva il ritmo di Tell Me Baby dei Red Hot Chili Peppers.

    Si accomodò meglio nel suo sedile e lasciò la sua mente libera di vagare e come spesso le era successo nelle ultime tre settimane si ritrovò a pensare al suo licenziamento, già perché lei si era licenziata, ma stava ancora lavorando per lui e non si era ancora capacitata di com’era stato possibile.

    [Flashback]

    Lei lo aveva aspettato seduta sulla sua poltrona, lui era arrivato sfatto dopo aver perso lo scontro con Foreman. Era rimasto a fissarla per alcuni istanti, quasi sorpreso di trovarla lì. – “Ora hai uno studio più grande del mio, perché non te lo godi?”

    Lei gli aveva teso una busta chiusa che lui aveva preso e aveva iniziato ad aprire. – “Spero siano foto di nudi.”

    Lei si alzò in piedi e lo guardò in volto. - “E’ la mia lettera di dimissioni.”

    Lui la guardò facendo una smorfia scomposta e abbassò lo sguardo, sembrava aver perso tutta la sua baldanza.

    Cameron “Ho avuto tutto da questo lavoro.”

    House “Cosa ti aspetti che faccia?” – La guardò e poi riabbassò lo sguardo ancora una volta. – “Mi inginocchio e chiedo perdono? Supplico Chase di tornare?”

    Cameron sorrise - “No, mi aspetto che tu faccia quello che fai sempre.” – Iniziò a muoversi verso di lui aggirando la scrivania. – “Che ci scherzi sopra e vai avanti.” – Sospirò. – “Mi aspetto che non te ne importi.” – Lei fece scorrere la sua mano sull’avambraccio di lui, il rumore della stoffa strusciata ruppè quell’istante di silenzio. L’occhiata che si erano lanciati parlava di nostalgia del passato, dell’affetto per il presente e dello struggente desiderio per quel futuro assieme che non ci sarebbe stato. – “Mi mancherai.”

    Quando la mano di lei stava per staccarsi dal braccio di House, la mano di lui l’aveva trattenuta. Lei ne era rimasta scossa, un brivido di piacere intenso l’aveva percorsa e si era soffermata a fissargli le labbra. Quando lui si era passato la punta della lingua sulle labbra, Cameron aveva avuto l’idea balzana che lui volesse baciarla, ma non lo fece. Il contatto del dorso della sua mano con il palmo di quella di House si fece pericolosamente bollente, quasi ustionante, ma nessuno dei due aveva lasciato la presa.

    House “Mi devi un mese di preavviso, questo dice il tuo contratto.”

    Ecco, questo aveva rotto l’incanto del momento.

    Cameron “Perché non vuoi lasciarmi andare?” – Quasi sorpresa da quella pretesa contrattuale che aveva richiamato alla sua attenzione.

    House “Io ti lascio andare, ma non posso stare senza un team, quindi tu rimarrai per un altro mese, selezionerai i candidati per me, ti occuperai della mia posta, farai i turni in ambulatorio e naturalmente farai anche tutto il lavoro che facevano Chase e Foreman. In effetti Chase si limitava alle parole crociate e Foreman sfogliava per tutto il tempo riviste mediche in cerca di altri articoli da rubare, quindi in realtà il tuo lavoro non aumenterà troppo.”

    Cameron “E alla fine di questo mese me ne potrò andare?”

    House “Naturalmente.”

    Cameron “Anche se non avrò trovato un nuovo team che ti soddisfi?” – Chiese sospettosa.

    House “Per chi mi hai preso?”

    Cameron “Per un misantropo figlio di puttana!” – Ribatté senza battere ciglio.

    House “Vero! Quindi al lavoro.” – Tolse la mano dal dorso di quella di lei e si diresse alla scrivania.

    Cameron rimase in piedi con lo sguardo fisso davanti a se non capendo se fosse stato il discorso di lui o l’assenza della mano di lui a stordirla.
    Dopo un lungo momento di assenza si voltò a guardarlo.

    Cameron “Come lo vuoi composto il tuo nuovo team?”

    House “Voglio qualcosa di nuovo, stupiscimi!”

    Cameron “In cosa devono essere specializzati?”

    House scosse il capo. – “L’unica cosa che mi interessa è avere lo scemo da prendere per il culo, l’idiota che lavori per tutti e naturalmente un bel pezzo d’arte da ammirare! Questo è tutto ciò che è importante, pensavo che dopo tre anni e più tu lo avessi capito.” – Aveva riacquistato la sua baldanza di sempre.

    Cameron “E che sappiano fare il loro lavoro?”

    House “Quello è un optional, se c’è meglio! Altrimenti pazienza.” – Alzando le spalle.

    [Fine flashback]


    Cameron si riscosse dai suoi pensieri quando l’allarme di una pompa infusionale iniziò a suonare, sostituì la sacca di fisiologica e ricontrollò i parametri. Marina, la paziente, dormiva tranquilla già da un paio d’ore, mentre il marito nervosamente continuava a sfogliare una rivista e a lanciare occhiate apprensive verso la barella dove giaceva la moglie addormentata.

    Ora che l’intervento di rimozione del terzo ostio era stato eseguito e la paziente era tornata in forma, l’immigrazione aveva deciso di rimandarli a Cuba.
    House si era molto risentito di questo fatto, aveva provato a trovare una qualsiasi scappatoia legale o meno, ma un giudice poco disponibile ai suoi giochetti gli aveva ordinato di riportarli a casa personalmente e quel personalmente lo aveva sottolineato con un’ingiunzione della Corte.

    Quello che Cameron invece doveva ancora comprendere era che cosa ci facesse lei su quell’aereo, per quanto parziale ora House aveva un team, l’unico membro che non era riuscita a scovare era “il bel pezzo d’arte da ammirare”. Non che non ne avesse trovate di belle dottoresse, ma nessuna resisteva alla prova del fuoco per più di quarantotto ore, l’unica che ne era resistita settantadue era stata cacciata da House perché incapace di preparare un caffè decente, così Cameron si era ritrovata a richiedere che nei colloqui le aspiranti candidate preparassero il caffè. Molte si erano rifiutate di sottoporsi a quella prova, poiché ritenevano umiliante essere considerate meno di delle segretarie, quelle che accettavano, oggettivamente non erano sufficientemente carine per tentare House.

    Mancava meno di una settimana alla fine del suo lavoro e in un certo senso già gli mancava. Gli aveva dato un piacere irrazionale essere il braccio destro di House in tutto, prima Chase e Foreman la ignoravano di sovente, ora i due nuovi assistenti pendevano dalle sue labbra e perfino le infermiere, che a volte l’avevano guardata con compassione, ora sembravano stimarla maggiormente. Samantha, un’infermiera di pediatria con la quale aveva sempre avuto un buon rapporto, le aveva detto, testuali parole ,“Ragazza mia, sei più sicura di te, con quel piglio puoi spaccare il mondo.” Cameron l’aveva guardata sorpresa, le sembrava di essere la stessa, eppure la gente la trattava diversamente, con un rispetto che prima non aveva mai provato.

    Invece, la sua vita privata, che intensamente aveva desiderato, era andata a rotoli prima ancora di cominciare, non che Chase fosse un cattivo ragazzo, solo che non faceva per lei, la storia così gloriosamente iniziata su quella soglia con un bacio appassionato era terminato pochi metri più in là un paio di settimane dopo con una discussione insulsa su quali erano le sit-com che amavano di più.

    Cameron si ritrovò nuovamente a fissare House, l’unico termine che descriveva correttamente la sua posizione era sbracato. Gambe aperte, ginocchia lievemente flesse, bacino spostato in avanti, quasi sul bordo della poltrona, schiena sprofondata nel sedile, braccia spalancate abbandonate sui braccioli, capo abbandonato sul poggia testa, bocca lievemente aperta, occhi chiusi delicatamente, il tutto faceva pensare al relax più totale.

    Cameron fece scorrere lo sguardo su di lui più volte, si soffermo spesso sull’espressione rilassata, quasi serena di House e si ritrovò a sorridere, forse gli era capitato solo una volta di vederlo così tranquillo, ovvero quando era sotto gli antidepressivi di Wilson e lei era andata a casa sua per svegliarlo. Allison si soffermò ad osservare la scelta degli indumenti del giorno, indossava una maglietta viola con dei disegni astratti rossi e neri, era la prima volta che gliela vedeva indosso. Quando House era arrivato in aeroporto Cameron si era sorpresa a constatare che quel colore metteva in risalto i suoi fantastici occhi azzurri, facendoli sembrare più vivi, più ardenti.

    Lo sguardo di Allison si abbassò e involontariamente si ritrovò a fissare il gonfiore che spuntava all’altezza del pube, lei arrossì un poco e distolse lo sguardo per poi riportarlo nuovamente su quella zona così critica. Per cercare di vincere la tentazione di guardare ancora cercò di sprofondare nel suo sedile, ma pochi minuti dopo il desiderio di dare un’altra sbirciatina divenne impellente, e si sa, la carne è debole!

    Ancora un’occhiata, poi un’altra un poco più lunga, e poi un’altra ancora fino a non riuscire a smettere di fissarlo.

    La sua fantasia stava compiendo voli pindarici e il suo corpo già reagiva prontamente a quei sogni ad occhi aperti. Si ritrovò a desiderare ardentemente che lui la facesse sua, lì direttamente su quel sedile, non le importava che gli altri li potessero vedere, ora desiderava solamente che lui le conficcasse il suo pene in vagina e si muovesse selvaggiamente dentro di lei. Un calore e una certa sensazione di piacere e di contemporaneo dolore le fecero presente che il suo corpo bramava disperatamente un certo tipo di contatto, e lei sapeva per certo che avrebbe voluto sentire la sua pelle sfregare con quella di un altro essere umano, ma non di uno qualsiasi, ma quella di Gregory House.

    Allison si impose di distogliere lo sguardo dal cavallo dei pantaloni, così si ritrovò a fissare le mani di lui, ponendo particolare attenzioni alle lunghe dita. Una scossa di piacere e desiderio arrivò direttamente nella sua vulva e i suoi muscoli reagirono istantaneamente serrando le gambe. Vagamente era ancora consapevole di essere in un aereo con altre persone, ma se avesse perso quel tenue contatto con la realtà niente e nessuno le avrebbe impedito di toccarsi fino a sfinirsi in un orgasmo silenzioso, ma dolorosamente intenso.

    House si accomodò meglio sulla poltrona spingendo in fuori un poco di più il bacino, mettendo così in ulteriore evidenza il tessuto teso dei jeans dal pene in probabile erezione. Per lei fu quasi un segnale e la sua mente desiderò ardentemente che il suo corpo e in particolare i bacini collidessero.

    Allison si trovò con gli slip fradici del suo desiderio insoddisfatto, la testa che ronzava e le mani che stringevano convulsamente i braccioli della poltrona.

    Lei si costrinse a portare la sua attenzione alla paziente, ma nonostante i monitor mostrassero chiaramente i numeri che avrebbe dovuto registrare, Allison non riuscì a vederli a causa della vista sfocata per quel desiderio sessuale che le stava strappando interiormente dei gemiti di frustrazione.

    L’unica soluzione, almeno provvisoria, che Cameron riuscì a trovare per cercare di superare quel momento così dannatamente frustrante fu di buttarsi a peso morto sul suo sedile cercando di scacciare quei pensieri con altri decisamente più casti e possibilmente noiosi. Cercò di concentrarsi sui libri studiati durante il periodo universitario, ma la sua mente corse alla pagina 854 del suo atlante di anatomia e la sua inquietudine aumentò drasticamente ricordando i pensieri che anni prima l’avevano colta mentre studiava l’apparato genitale maschile.

    Cercò di concentrarsi su dell’altro e si ritrovò a ricordare di se stessa liceale mentre da una fredda gradinata in metallo osservava gli allenamenti di football, non che quello sport le piacesse anzi, ma il giovane quarterback dei Tiger, Sean McRay, aveva stranamente acceso una passione dentro di lei, e non si trattava della palla ovale. Si trovò nuovamente ad arrossire mentre i suoi ricordi le facevano presente quanto già allora il suo sguardo era stato attirato verso il basso, verso la stoffa tesa all’altezza del cavalo dei pantaloni.

    Cameron scosse il capo, tutte sembrava inutile. Slacciò la cintura di sicurezza e iniziò a camminare avanti indietro per la carlinga dell’aereo, tutti i presenti notarono la frustrazione sul suo volto.

    Infermiere “Qualcosa non va dottoressa Cameron?”

    Lei di fermò di botto cercando di sorridere. – “Ho bisogno di sgranchirmi le gambe, è un problema se cammino per il corridoio?”

    L’uomo le sorrise. – E’nervosa, comprensibile, del resto lo sono stato anch’io ai miei primi viaggi con gli aerei sanitari. – “No, nessun problema, ma se dovessimo incontrare delle turbolenze, dovrà tornare subito al suo posto.”

    Cameron “Certamente.” – Riprendendo la sua camminata.

    House durante quello scambio di battute si era svegliato perché una cuffia era fuoriuscita dalla sua sede, e ora si trovava ad osservarla di sottecchi. Averla portata con se in quel viaggio era stata un ultimo tentativo per cercare di convincerla a rimanere a lavorare per lui, ma ora non era più sicuro che fosse stata una buona idea.

    In quelle settimane l’aveva osservata attentamente prendere il controllo totale dell’ufficio, dei casi e pure dei nuovi assistenti, lui intenzionalmente non l’aveva limitata, ma aveva comunque continuata a punzecchiarla per non farle comprendere il suo piano di conquista. Sperava che una volta che il potere le fosse entrato nel sangue, lei non volesse più lasciarlo, certo, il piano non era esente da rischi, e il rischio maggiore era che desiderasse un posto tutto per se, ma lui sapeva che nessuno sano di mente glielo avrebbe dato vista la sua poca esperienza, quindi rimanere come il suo braccio destro, e a volte anche come sua mente, fosse l’unica chance per Cameron di esercitare un potere quasi illimitato.

    Non era la prima volta che lasciava vagare lo sguardo su di lei e nemmeno che si permetteva di immaginarla nuda, ma ora, complici forse i feromoni rilasciati da Cameron, o forse il sogno che aveva appena fatto con la donna come protagonista, si sentiva dannatamente eccitato e non era certo di riuscire a controllare gli impulsi che venivano dal suo basso ventre.

    Si ritrovò a fissarle il seno che saliva e scendeva secondo il ritmo del suo respiro. La camicetta bianca metteva decisamente in risalto il seno sodo, House alzò il sopraciglio, era certo di aver visto un capezzolo tendere la stoffa del reggiseno e della camicia.

    Si ritrovò a deglutire intensamente mentre la sua mente stava immaginando che cosa si provasse poterle toccare, succhiare, mordicchiare, leccare, baciare, stuzzicare i seni e inoltre gli mostrava cose che avrebbe potuto fare su quei capezzoli, cose alle quali non riusciva nemmeno a dare un nome senza creare dei neologismi.

    Spostò lo sguardo sul sedere, era sodo e simmetrico, s’immagino la sensazione di poter affondarvi le dita, stringerlo, tirare il bacino di lei contro il proprio e strusciarcisi.

    Quelle fantasie fecero reagire con prepotenza il suo corpo e per i genitali ci fu veramente troppo poco spazio.

    House cercò di ricorrere ai più disperati rimedi per cacciare le immagini di lei e lui che si possedevano carnalmente e selvaggiamente, ma tutto sembrava vano. Utilizzare il bagno sembrava l’unica soluzione, ma l’associazione delle parole Cameron e bagno gli fecero ricordare che era parecchio che desiderava far parte dell’High mile club, così ogni proposito di dimenticare quelle immagini, venne sopraffatto dalla bramosia di possederla.

    L’aereo iniziò a sobbalzare pericolosamente e Cameron cercò di raggiungere la sua poltrona, ma le scosse divennero troppo forti e cadde.

    Allison si preparò per un impatto doloroso per le sue natiche, invece atterrò su qualcosa di morbido, in realtà non era esattamente morbido, ma certamente l’urto fu attutito. Cercò di rendersi conto dove si trovava quando un profumo famigliare l’avvolse e constatò con gioia e sgomento che il cuscino che aveva attutito il colpo non era altro che House.

    House “Cam, ti stai approfittando di un povero invalido.”

    Cameron fece per alzarsi cercando di ricollegare il cervello alla sua facoltà linguistica per riuscire a scusarsi, ma tutto sembrava vano, un nuovo scossone la costrinse a buttare le braccia al collo di House, che a sua volta la trattenne delicatamente per la vita.

    Cameron “Mi spiace.” – Mormorando con voce bassa e calda.

    House le si avvicinò all’orecchio bisbigliando con voce roca. – “Non è vero che ti dispiace, te l’ho sempre detto che non sai mentire.”

    Lei spalancò gli occhi quando comprese le parole e arrossì di piacere quando si accorse di essere finita sopra l’erezione di lui, per un momento o due ci si strofinò un poco sopra e il fuoco della passione che le bruciava tra le gamba si diffuse come una macchia d’olio raggiungendo ogni distretto rendendola audace. – “Direi che non spiace nemmeno a te.”

    Si fissarono le labbra intensamente ed entrambi ricordarono quell’unico e sensazionale bacio che si erano scambiati mesi prima.

    [Flashback]

    […]

    House “20 secondi, non male.”

    Cameron “Che cosa?”

    House “Il tempo che hai impiegato per passare da cinica ad essere umano.” – Lui si era alzato e si era messo davanti a lei. – “Davvero vuoi andare via?” – Cercando il contatto visivo con lei.

    Cameron “Senza di te non ha molto senso restare.” – Alzando quasi timidamente gli occhi su di lui.

    House “Non sono ancora morto.”

    Lei timidamente, con piccoli passi, aveva invaso lo spazio personale di lui e la respirazione di lei era aumentata.

    House “Che stai facendo?” – Mentre sul suo volto comparve la comprensione di cosa stava avvenendo. – “Capisco che sia molto eccitante per te.”

    Lei gentilmente gli aveva afferrato il viso per tirarlo verso di se, l’iniziale titubanza di lui vedendo come i due volti pericolosamente si avvicinavano, venne sostituita dalla passione quando lei aveva appoggiato le labbra sul quelle di lui.
    L’incontro tra le loro lingue era stato approfondito, lungo, seducente, eccitante e semplicemente meraviglioso, le braccia di entrambi che abbracciavano e stringevano l’altro, poi lei che staccava il braccio sinistro dal corpo di lui per andare a pescare dalla tasca il vacutainer con già l’ago innestato aveva rotto l’incantesimo.

    […]

    [Fine flashback]


    Il nuovo sobbalzare dell’aereo li riportò nella carlinga. House si passò la lingua sulle labbra e lei desiderò intensamente assaporarlo ancora una volta.

    Allison lo sentì muoversi sotto di lei. – “Ti fa male la gamba?”

    House ridusse lo spazio la tra le proprio labbra e l’orecchio di lei. – “E’ la terza gamba che vuole avere un incontro più ravvicinato con te.”

    Lei sorrise e si sentì più maliziosa che mai. – “Non sono certa che sia una buona idea dottor House.” – Mentre come una civetta gli si strusciava addosso. Mentalmente Allison si maledisse di aver indossato i pantaloni, con la gonna, nonostante la presenza degli spettatori, la "cosa" avrebbe potuto essere molto interessante.

    House infilò un dito tra un’asola e l’altra della camicetta di lei e il contatto con la pelle fu devastante per entrambi, Cameron ebbe la certezza che se gli avesse ordinato di venire, lei lo avrebbe fatto sul posto, si strusciò ancora sul suo inguine, mentre la sua vagina e in particolare il clitoride imploravano una carezza per potersi sciogliere.

    Lui sfilò il dito dalla camicia per bloccarle i fianchi. – “Non iniziare quello che non sei disposta a continuare.”

    Cameron gli mormorò in un orecchio. – “Chi ha detto che non intendo portarlo a termine?”

    House sorrise diabolicamente, Cameron era decisamente diventata audace.

    House “Mai sentito parlare di Mile High Club?” – Mentre le permetteva nuovamente di strusciarsi contro di lui.

    Cameron “Naturalmente, ma direi che ora c’è troppa gente per i miei gusti.”

    House “Preferisci i boing con 500 passeggeri?”

    Cameron “Certamente, la nostra assenza non verrebbe notata.”

    Si guardarono attorno. I valori della loro paziente erano stabili, il marito finalmente sembrava essersi addormentato e l’infermiere e il medico di bordo stavano chiacchierando sui sedili posizionati dietro la cabina di pilotaggio.

    House “Nemmeno ora verrebbe notata.”

    Cameron “Abbiamo una paziente, non mi sembra molto etico.” – Fece per alzarsi, ma lui aumentò la presa sui suoi fianchi.

    House “Ti manca il coraggio dottoressa Cameron?”

    Cameron “No dottor House, solo che questo non è il posto e il momento adatto.”

    Si fissarono negli occhi ed entrambi vi lessero desiderio, lussuria, passione, e qualcosa di indefinito, che sembrava una pantera acquattata pronta a balzare appena la preda fosse stata nel suo raggio d’azione.

    Lui la stuzzicò ancora. – “Se il coraggio non ti manca dimostramelo.”

    Lei non se lo fece ripetere due volte e si buttò sulle labbra di lui saccheggiandole. Non fu un bacio tenero, ma solo uno guidato dall’istinto selvaggio che lui aveva svegliato, la pantera che era in lei si liberò, si poté udire il momento esatto in un le mascelle si chiusero in uno scatto sulla carotide non lasciando via di scampo alla preda.

    House rispose con impazienza al bacio facendola aderire maggiormente al suo corpo, mentalmente maledì la sua coscia destra che ora lo distraeva dal godersi pienamente la lingua di lei infilata in bocca. Cameron percepì il disagio e aumentò la pressione delle mani sulla schiena di lui, mentre con la lingua depredava ogni angolo della bocca di lui, era lei ad avere il potere, poteva percepirlo da come lui si lasciava plasmare sotto alle sue mani.
    Mentre il gioco si faceva pericolosamente interessante, una delle dannate pompe prese a suonare, facendo scattare Allison in piedi, rispondendo istintivamente al suo profondo senso del dovere.

    Maledetta bolla d’aria! – Pensò Cameron dopo averla risistemata. Si voltò per vedere se il gioco poteva essere ripreso, ma ora tutti la stavano fissando.

    House e Cameron si fissarono e i loro occhi si gridavano: “Torna da me!”

    ------------

    Due ore più tardi erano sulla pista dell’Havana che scaricavano il loro prezioso carico di vite umane.

    Infermiere “Mi spiace non potervi riportare a casa, ma ci fermiamo a Città del Messico per recuperare una bambina e poi andiamo direttamente a San Francisco.”

    Cameron “Si, capisco, eravamo stati avvisati di questa eventualità.”

    Infermiere “Avete trovato un volo per il ritorno?”

    Cameron “Si, ne ho trovato uno che parte tra 4 ore con destinazione NY JFK.”

    Infermiere “Più fortunati del previsto direi.”

    Cameron “Infatti, anche perché ho trovato posto solo in business.”

    House “Cameron andiamo?”

    Cameron “Vengo.” – Lei salutò l’infermiere e si ritrovò a trascinare il suo piccolo bagaglio a mano, arrancando sotto il sole cocente di Cuba. Lo raggiunse.

    Lui la squadrò per un momento e le bisbiglio in un orecchio facendola arrossire di piacere. – “Piccola, il resto nel viaggio di ritorno.”
    Un brivido di caldo piacere attraversò il corpo di Cameron, non vedeva l’ora di salire su quel dannato aereo.



    Fine prima parte

     
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  2. Aleki77
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    Havana – New York



    Seconda parte




    Non erano stati fortunati nel trovare un luogo privo di folla per rinnovare un po’ di quell’intimità che si era creata in aereo, la sala d’aspetto era zeppa, come quella della business, così, alla fine, si erano rassegnati a rimanere seduti presso al piccolo ristoro presente nella zona dei gate.

    Un bimbetto dall’aria furba, mentre rincorreva il fratello per far passare le ore d’attesa, sbatté contro Cameron facendole sfuggire dalle dita il bicchiere di carta, macchiandola dal seno fino a metà coscia con del caffè shakerato.

    House rimase a contemplarla per un po’, i capezzoli erano decisamente evidenti ora che la camicetta e il reggiseno bianco erano macchiati e desiderò ardentemente di poterle passare del ghiaccio sui capezzoli per vederli reagire, per vederla ansimare sotto il suo tocco ghiacciato. Immaginò di passarlo sul ventre e di bere avidamente dal suo ombelico, di tracciare piste ghiacciate per poi seguirle con la lingua per arrivare fino al suo bocciolo incantato e finalmente farle perdere ogni controllo fisico, mentale e spirituale.

    Cameron un po’ scocciata andò a cambiarsi in uno dei numerosi bagni del loro gate. Fortunatamente era stata previdente, Cuddy li aveva avvisati della possibilità di rimanere bloccati per qualche giorni a Cuba, così aveva infilato un po’ di vestiario di ricambio. Mentre rovistava dentro il suo bagaglio un sorriso malizioso si delineò sul volto della donna, aveva trovato quello che cercava.

    Cameron tornò dal bagno con un vestito di lino rosso amaranto e sembrò sfidarlo, quel vestito urlava: Toccami ancora se ne hai il coraggio.

    Lui si limitò a guardarla, già pregustando le sue mani al di sotto del lino. Dalla sua posizione privilegiata poté ammirare le splendide gambe lei e immaginarle avvolte attorno alla sua vita.

    Lei si sedette al tavolino con lui ed accavallò le gambe, il vestito risalì pericolosamente una gamba scivolando qualche centimetro di troppo oltre al ginocchio. Lei percepì lo sguardo di lui su di se e fremette per l’eccitazione, ma decise di giocare un poco con lui.

    Cameron “Lo finisci quel caffè?” – Guardandolo con fare seducente.

    House “No.” – Conciso, diretto e falsamente sicuro, perché sapeva che se avesse aggiunto anche una sola sillaba lei avrebbe percepito la tensione.

    Lei allungò il braccio e prese il bicchiere, ma lo fece molto lentamente, stendendo prima il palmo della mano, poi l’avambraccio e quindi il braccio, ma le mancarono un paio di dita poterlo raggiungere, così dovette sporgere il busto un poco in avanti, sufficiente perché lui potesse sbirciare dentro alla scollatura e perché potesse intravedere il reggiseno di pizzo rosso. Un sorriso un poco maligno si delineò sul volto di House. Il viaggio di ritorno sarebbe decisamente interessante.

    Lei sorridendo si portò il bicchiere vicino alle labbra e iniziò a succhiare il caffè direttamente dalla cannuccia di lui. Lei si leccò le labbra e House la immaginò mentre gli succhiava e leccava il pene. Un brivido di eccitazione gli percorse la colonna vertebrale diffondendosi alla radice del suo sesso per arrivare fin su sulla punta. Aumentò la presa sul bastone fino a far sbiancare le nocche, ma non distolse mai gli occhi da lei.

    Rimasero a fissarsi in silenzio per parecchi minuti, lei che succhiava il caffè freddo, lui che stringeva in maniera convulsa il bastone. La mente di entrambi però era già su quell’aereo che immaginava cosa sarebbe successo tra poche ore in una delle toilette della business.

    L’annuncio dell’imbarco del loro volo interruppe i loro sogni ad occhi aperti e con una studiata calma si diressero alla loro uscita.

    Mentre erano in fila con passaporto e biglietto in mano, casualmente Allison sentì qualcosa sfiorarle il sedere, inizialmente la cosa la infastidì, ma poi si rese conto che solo una certa persona alle sue spalle che avrebbe avuto la sfrontatezza di fare una cosa del genere.

    Cameron “Cos’è? Impaziente?” – Bisbigliandogli nell’orecchio.

    House “Non so di cosa parli.” – Con finta non curanza.

    Cameron per tutta risposta fece un passo indietro appoggiandosi all’uomo che non resistette all’impulso di far scivolare una mano sul fianco di lei per farla aderire un poco di più al suo corpo.

    Cameron “Di questo parlavo.” – Mentre aderiva meglio contro di lui.

    Entrambi chiusero gli occhi e si lasciarono inebriare dal profumo, dal calore dei corpi e dalle sensazioni sperimentate che ogni terminazione nervosa aveva inviato al cervello assaporandole per il presente e immagazzinandole per il futuro.

    Tutto ebbe termine quando l’hostess li invitò ad imbarcarsi. Si staccarono l’uno dall’altro quasi storditi e un poco imbarazzati eppure, chiudendo gli occhi, riassaporavano istante per istante quel delicato incontro di corpi.

    ------------

    Una volta effettuato il decollo, House scalpitò per alzarsi e andare alla toilette, ma uno steward non gli permise di alzarsi a causa delle turbolenze presenti sull’Atlantico.

    Steward “Per cortesia, rimanga seduto e tenga la cintura di sicurezza allacciata.” – Con tono gentile, ma fermo.

    House “Se non se n’è accorto la gamba mi fa male!” – Con tono sgarbato e insofferente.

    Steward “C’è turbolenza ed è pericoloso stare in piedi, quindi per cortesia rimanga seduto.” – Con il tono di chi iniziava a spazientirsi, del resto era già la terza volta che glielo ripeteva.

    Cameron da parte sua non poté trattenere una risatina che le fece guadagnare un’occhiataccia dal suo capo seduto accanto, lei, per farsi perdonare, accavallò le gambe e permise alla gonna di scivolare fino a metà coscia guardandolo con un sorriso assolutamente innocente che lui trovò assolutamente eccitante e la necessità di trascinarla in bagno si fece ancora più pressante.

    House in preda alla frenesia slacciò la cintura di sicurezza alzandosi in piedi. Il povero steward corse verso di lui.

    Steward “Per cortesia, rimanga seduto!” – Con tono ormai esasperato.

    House “Sono un medico! So quello di cui ho bisogno, e ora ho bisogno di muovermi!” – Con tono perentorio.

    Il ragazzo di fronte all’insistenza e sfrontatezza di quell’uomo ebbe la tentazione di prenderlo a bastonate sul cranio fino a romperglielo in testa, prese un respiro profondo e cercò di giocare d’astuzia. – “Un medico? Sul serio?” – Con falsa incredulità. – “Ottimo, mi segua in turistica, c’è una signora che non la smette di vomitare.” – Invitandolo a seguirlo.

    House sbiancò. – “Sono solo un podologo.” – Lasciandosi cadere sul suo sedile, sembrava essere stato giocando al suo stesso gioco. Sentì Cameron ridacchiare, e come guidato da un istinto selvaggio, posò possessivamente una mano sulla quella di lei e sibilando le parlò. – “Guai a te se ti alzi! Non sei un medico, non ora, non qui.”

    Il viso di lei per un attimo fu oscurato dal dubbio, ma poi comprese, lui non voleva che lei se ne andasse nell’eventualità ci fosse la possibilità di riuscire ad appartasi.

    Lo steward se ne andò sorridendo, per ora lo zoppo era sistemato.

    Dopo circa un ora di volo House si accorse che Cameron si era assopita. Il capo leggermente reclinato a sinistra, le labbra leggermente dischiuse come in attesa di qualcosa, il braccio sinistro abbandonato sul bracciolo e la mano destra appoggiata delicatamente in zona epicardica, il torace si espandeva e contraeva delicatamente e l’uomo fu conquistato da quel ritmo. Un misto di dolcezza e tenerezza si impossessò di lui, ma quando si sporse un poco verso di lei, intravedendo un pezzetto del pizzo del suo reggiseno, tutte quelle sensazioni rilassanti furono sostituite dal desiderio di possederla seduta stante. House si sporse un poco di più verso di lei e per una volta tanto non resistette ai suoi impulsi e le sfiorò con un bacio delicato le labbra.

    Lei per un attimo sembrò rispondere, ma ad un più attento esame, lui si accorse che stava parlando nel sonno. Lui avvicinò l’orecchio alle labbra di lei e riuscì a sentire distintamente cosa stava pronunciando: “Greg.” – Mischiato con un lungo sospiro, che sembrava decisamente di piacere.

    Per un attimo lui si spaventò, ma poi mandò al diavolo tutti i suoi dubbi e poggiò la sua mano destra nella sinistra di lei, aveva bisogno di un contatto, ma soprattutto di sapere che lei non si sarebbe alzata senza di lui.

    Fu così che Cameron ritrovò lui e se stessa: teneramente uniti da quel lieve contatto. Lei sorrise e strinse leggermente la mano di lui, ma lui non diede cenni di averlo percepito, fu questo il segnale per Cameron per iniziare ad osservarlo nuovamente. Il capo ben appoggiato sul sedile, la bocca un poco aperta, le braccia abbandonate sui braccioli e un lieve russare che face tanto ridere Allison, che per un attimo fu tentata di pinzargli il naso con due dita, ma si trattenne. Con l’indice gli sfiorò delicatamente le labbra e lui reagì con un piccolo brivido inconsapevole.

    Lei si accorse che la luce che segnalava di tenere le cinture allacciate era spenta, così decise di sgranchirsi le gambe. Con dispiacere lasciò la mano di lui che per un attimo annaspò alla ricerca del contatto che aveva appena perso.

    Non c’è molta possibilità di movimento all’interno di un aereo, così Cameron andò nell’unico posto dove fosse possibile muoversi senza preoccuparsi di urtare contro sedili o persone: la toilette.

    Dopo aver soddisfatto le sue esigenze fisiologiche ed essersi lungamente lavata le mani si apprestò ad uscire, ma una figura le oscurò la visuale. Lei alzò lo sguardo e gli occhi le brillarono.

    House “Allora? Mandiamo il nostro modulo di iscrizione al Mile High Club?” – Con voce scherzosa, ma con espressione assolutamente seria.

    Cameron “Pensavo di dover far tutto da sola.” – Ribatté con malizia.

    Si scambiarono uno sguardo d’intesa carico di lussuria e desiderio per l’altro.

    House “Mi fai entrare?” – Quasi con fare casuale, come se le stesse chiedendo di entrare in casa.

    Cameron “Naturalmente.” – Compiendo un passo al’indietro tornando all’interno dell’angusto ambiente.

    L’interno del bagno era assolutamente claustrofobico, tanto che Cameron, in un’altra circostanza, avrebbe fatto carte false prima di decidere di entrare con un’altra persona in quel luogo così soffocante. Si ritrovarono uno di fronte all’altro, immobili, a scrutarsi negli occhi, quasi iperventilando.

    House si lanciò sulle labbra tumide della piccola Allison, che si lasciò scappare un gridolino di sorpresa.

    Lui la strinse a se facendola aderire al corpo, lei rispose allacciando le braccia attorno alla vita di lui lasciandosi trascinare in turbinio di sensazioni lussuriose che le offuscarono la mente. Quando la lingua vellutata di lui sfiorò le labbra di lei, Cameron aprì quasi timidamente le labbra per lasciarlo entrare e lui certamente non attese un istante di più per saccheggiarle l’interno della bocca.

    Mentre le bocche si muovevano fameliche l’una sull’altra, House iniziò a sbottonarle l’abito di lino per poter incontrare un’area di pelle più grande di quella che aveva sfiorato all’andata. Con una velocità sorprendente tutti i bottoni si separarono dalle asole, lasciando Cameron in biancheria e con l’abito solamente appoggiato alle spalle. Lui smise di baciarla, e un gemito di protesta uscì dalle labbra di lei.

    Per quanto lo spazio fosse ristretto lui riuscì a fare un mezzo passo indietro per poterla contemplare.

    House si ritrovò a pensare di non avere a che fare con una donna umana, ma bensì con la dea Afrodite. Le lanciò un’occhiata lascivia che fece arrossire Cameron di piacere e desiderio. Lui assalì i suoi seni, baciandoli attraverso il pizzo rosso del reggiseno, li succhiò, li morsicò, li leccò torturandoli fino a quando lei emise un gemito intenso di piacere.

    Nel frattempo Allison non rimase passiva sotto le mani di lui, ma iniziò a succhiargli la morbida carne alla base del collo, dietro all’orecchio, lungo la mascella assicurandosi di lasciare delle tracce evidenti del suo passaggio. Lei infilò le mani sotto alla maglietta viola, permettendosi di vagare e segnare il territorio con le unghie, un singhiozzo di piacere sfuggì dalle labbra di lui interrompendo per un istante l’assalto ai seni.

    Si guardarono in viso e per un istante tutto si fermò. Lei riprese a muoversi lentamente sfilandogli la maglietta, lui, a torso nudo, fece gentilmente scivolare dalle spalle di lei il vestito. Un sorriso perfido si delineò sulle labbra di lui, guardando allo specchio poté vedere l’intimo indossato da lei.

    House “Non ti facevo da perizoma Cameron.”

    Lei sorrise. – “Io invece pensavo che fossi già membro del Mile High Club.” – Sfidandolo.

    House “Un errore a cui voglio presto porre rimedio.” – Mentre lasciava vagare lo sguardo su di lei. Con calma le aprì il gancetto del reggiseno. – “Abbiamo più di tre ore prima dell’atterraggio, vorrei prendermele tutte.”

    Cameron “In tre ore si posso fare molte cose.”

    House “E’ proprio quello che avevo in mente.” – Lui si succhiò la punta di un dito e con quel dito toccò delicatamente uno dei capezzoli già eretti, ripeté il gesto sull’altro capezzolo. Lei chiuse gli occhi, leggere scariche di piacere la stavano attraversando. Lui avvicinò nuovamente le labbra ai seni, ma invece di toccarli, iniziò delicatamente a soffiarci sopra. Il corpo di lei reagì istantaneamente. I seni divennero turgidi e Cameron provò un tipo di sensazione che sconfinava nel dolore piacevole. Vedendola irrigidita lui decise di continuare con quella sofisticata tortura, con la punta della lingua toccò delicatamente la pelle dei seni per poi tornare nuovamente a soffiarci sopra. Lei inarcò la schiena e un gemito lussurioso le sfuggì dalle labbra, il suo sistema nervoso sembrava impazzito, sembrava che i capezzoli fossero contigui al clitoride, poiché aveva la sensazione che lui le stesse facendo questo anche nella sua vagina.

    Incoraggiato dalle risposte di lei continuò a leccarle di capezzoli, via via sempre con maggiore decisione, con maggiore velocità fino a che Cameron urlò e cercò di tirarlo più addosso a se perché li prendesse in bocca mettendo fine a quel tormento che la stava sconquassando.

    Lui non attendeva altro. Con un movimento fulmineo appoggiò la mano sulla vagina di lei, separato solamente dal perizoma di pizzo rosso. Iniziò a far muovere le proprie dita sulla vulva di lei, mentre lei si dibatteva e lanciava piccoli gridolini di piacere. House le abbassò gli slip e finalmente entrò in contatto con l’umidità di lei e una scossa di piacere gli infiammò i lombi.

    House “Cameron siediti sul lavandino.”

    Lei come in trance ubbidì e divaricò le gambe usando il water come se fosse delle staffe ginecologiche. Lui si sedette sulla tazza e tenendosi al bordo del piano avvicinò per iniziare una “visita” molto approfondita.

    Fece scorrere il suo magico indice destro tra le piccole labbra di lei. Cameron trattenne il fiato per lo stupore che la sensazione gli stava facendo provare. Lei non era certo una vestale del tempio, ma nessuno aveva mai “giocato” così a lungo con lei, di solito erano sempre impazienti di averla e lei riusciva a dominarli, ma ora lei non riusciva a creare un pensiero sufficientemente logico da permetterle di capovolgere la situazione.

    House allargò prima le grandi labbra e poi quelle piccole, avendo una meravigliosa vista nell’intimità di lei. Con movimenti lenti cominciò a sfiorare quella tenera carne infuocata che chiedeva solamente di essere conquistata da lui. Avvicinò il volto e iniziò ad alternare leccate a soffiate, devastando Cameron dall’interno. Mentre la lingua si concentrò sul clitoride, due dita entrarono profondamente nella sua femminilità. Un vischioso liquido salmastro ricoprì le ali del sesso di lei e il volto di lui.

    Lui si alzò in piedi e si calò i jeans e i boxer, liberando la sua belva in agguato. House avvolse il braccio sinistro attorno alla vita di lei, mentre con la mano destra non smetteva di toccarle la sua intimità. Fece uscire la lingua dalle labbra assaporando ancora una volta il gusto di lei e con un sorriso lussurioso si avvicinò alle labbra di lei, dandole inizialmente piccoli e delicati baci aumentando la velocità e la profondità, quando la lingua entrò nella bocca di lei, anche il pene la penetrò con forza e l’urlo di Cameron morì nella bocca di lui.

    Lei era così umida che lui sprofondò completamente nella donna. Si fermarono entrambi quasi per analizzare le sensazioni. Allison quasi impazzi nel gustare il suo stesso sapore nella bocca di lui e la sensazione di lui all’interno del suo essere le fece, quasi involontariamente, contrarre i muscoli vaginali interni.

    House aveva sognato così spesso di essere dentro di lei che pensò di aver raggiunto il paradiso e quando percepì le contrazioni attorno al suo pene si scoprì pronto per esplodere in lei e quindi iniziò un movimento lento ma deciso.

    Dentro e fuori. Dentro e fuori. Dentro e fuori.

    Lei gli avvolse le gambe attorno ai fianchi, mentre le mani erano ancorate al piano, lui continuò a muoversi dentro di lei sempre più velocemente, all’unisono delle sue dita e della sua lingua.

    Accelerarono i movimenti.

    Di più.

    Sempre più veloce.

    E il tempo si annullò. Esplosero uno nell’altra, assieme, gemendo e urlando nella bocca dell’altro.

    Lei lo strinse a se e lui quasi impazzì sentendo il ritmo frenetico delle contrazioni dei muscoli vaginali di lei. Entrambi erano ansimanti e sudati, ma apparentemente soddisfatti.

    Il dolore alla gamba, ricordò ad House di essere ancora uno sciancato e non il super uomo che fino a trenta secondi prima si era sentito, scivolò via dalle braccia di lei abbandonandosi sulla tazza del water, appoggiando la schiena alla parete.

    Lei percepì il vuoto attorno a se e la sensazione non le piacque. Saltò giù dal piano e salì nel grembo di lui per farsi coccolare ancora un poco.

    House “Sai ragazzina.” – Riprendendo fiato. – “Ero certo che entrare nell’High Mile Club con te valesse la pena.”

    Cameron sorrise. – “Ero certa che fare sesso con te mi portasse oltre le nuvole.” – Mentre si accoccolava meglio su di lui.

    Lui le avvolse le braccia attorno alla vita e delicatamente le sfiorò il collo con baci delicati.

    Dei colpi alla porta interruppe il loro idillio.

    Steward “Tutto bene? Ho sentito dei lamenti.”

    Cameron nascose il volto nel petto di lui e ridacchiò.

    House “Mai stato meglio.” – Urlò.

    Steward “E’ il caso che torni al suo posto, ci sono delle turbolenze, non ha sentito l’avviso del comandante?”

    House “Avevo di meglio da fare!” – Urlò di rimando. – “Come entrare nel Mile High Club.”

    Cameron gli diede un piccolo schiaffo sul braccio.

    Steward “Allora fate con calma.” – Ridacchiò il ragazzo. – “La prima volta va gustata.” – Tornandosene dagli altri passeggeri, comprendendo perché quello strano uomo prima avesse tutta quell’impazienza di alzarsi.

    Cameron “Almeno non ha fatto una scenata.”

    Lui appoggiò il capo sulla spalla di lei e si sorprese di trovare dannatamente piacevole e rilassante quel momento così intimo con lei. Cameron gli accarezzò i capelli e delicatamente gli mordicchiò il lobo dell’orecchio, voleva dirgli che una volta a terra avrebbe voluto riprovare l’esperienza in un comodo letto, ma non voleva rovinare quel momento. Immagazzinò ogni sensazione dentro alla sua mente di quella loro esperienza che si preannunciava essere come unica.

    House “Cameron?”

    Cameron “Mmm… ?”

    House “Quando la concentrazione dell’ossigeno dal 16% tornerà attorno al 21% vorresti ripeterlo?”

    Cameron alzò il volto dalla spalla di lui e cercò di elaborare il difficile concetto che le aveva sottoposto. Poi un sorriso di comprensione si delineò sul volto di lei e riappoggiò il capo su di lui. – “Con molto piacere.”

    Una decina di minuti dopo iniziarono a rivestirsi.

    Cameron “Hai visto il mio perizoma?” – Mentre cercava in quel minuscolo cubicolo.

    House “L’ultima cosa che ricordo del tuo perizoma è che lo devo aver lanciato da qualche parte.”

    Cameron “Come faccio ad averlo perso? Questo posto è un metro per uno.”

    House “Sopra c’è scritto il nome?”

    Cameron “NO!”

    House “Allora lascia perdere, sarà più divertente.”

    Lei arrossì. – “Non vorrai farlo in mezzo agli altri.” – Comprendo le sue intenzioni.

    Un sorriso malignò aleggiò sul volto di lui. – “Penso proprio che sentirò freddo e quindi avrò bisogno di una coperta.”

    Cameron “Che aspettiamo?” – Lanciandosi fuori dal bagno, seguita da un House molto sorpreso dalla sua impazienza.

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    Circa due ore e mezza dopo erano atterrati al JFK di New York.

    Cameron “Dobbiamo tornare subito a Princeton?” – Timorosa della risposta che poteva ricevere.

    House “E tu rimani nel mio team?”

    Lei sorrise. – “Ci devo pensare.”

    House “Penso di avere un modo per persuaderti.” – La prese per mano conducendola al cheek out. – “Andiamo Allison, a New York d’estate non c’è nessuno.”

    Cameron provò un inteso piacere sentirsi chiamare per nome. – “Si, andiamo Greg.” – Afferrando saldamente la mano di lui.

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    Parecchie ore dopo un uomo delle pulizie teneva tra le dita un perizoma di pizzo rosso. – “Eccone un'altra che fa parte del Mile High Club!”

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    The end

     
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