You Kissed Back [Spoiler S5]

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  1. Aleki77
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    Quindicesimo capitolo – Not over!


    Il cercapersone suonava senza sosta da oltre un minuto, ma Cameron, assorta com’era nei propri pensieri, lo sentì solamente quando ormai il fastidioso e prolungato bip andò a smorzarsi. Stancamente si alzò dalla panca per afferrare quel piccolo oggetto rettangolare e, mentre annoiata leggeva il messaggio, il suo viso sbiancò. In fretta si rivestì e, con ancora i capelli bagnati che gocciolavano sul camice, uscì di corsa dallo spogliatoio.

    Premette con insistenza sul tasto di chiamata dell’ascensore, ma quello rimaneva ostinatamente spento. Cameron dunque prese le scale di volata e involontariamente andò a sbattere contro Foreman e Chase che con calma le percorrevano all’inverso.

    “Scusa!” – Disse in fretta la donna prima ancora di elaborare chi si fosse trovata davanti.

    “Dove vai così di corsa?” – Le chiese il neurologo preoccupato dall’espressione che la collega aveva stampata in volto.

    La donna voltò il capo verso di loro e istintivamente prese le mani di entrambi. – “Ho bisogno di voi.” – Trascinandoli giù con lei. – “Patrick è collassato.” – E questo bastò ai due giovani medici.

    -----------

    Le labbra di Irene era una pallida linea rosata che spiccava sul volto candido. La posizione delle spalle e il tremore delle mani erano indice della paura provata quando aveva visto Patrick, il suo Patrick, crollare con un tonfo sul pavimento di linoleum. Si sforzò di ascoltare che cosa le stava dicendo il moro neurologo, ma tutto le sfuggiva dalla mente.

    “Pensiamo che abbia avuto un TIA, ma per esserne sicuri dobbiamo attendere ventiquattro ore.” – Stava dicendo Foreman per l’ennesima volta.

    Cameron vide lo smarrimento sul volto della donna e intervenne. – “Pensiamo che sia benigno; tutti i sintomi dovrebbero scomparire in meno di ventiquattro ore.”

    La donna fece un rapido cenno con il capo, ma un pensiero inquietante le attraversò la mente. – “E se non fosse così?”

    “La risonanza è pulita.” – Disse Foreman. – “Sono per questo certo che sia transitorio, ma per sicurezza lo abbiamo messo sotto eparina e abbiamo aumentato il dosaggio della nitroglicerina.”

    La donna guardò nella stanza di Patrick e tremò ancora di più. – “Sembra così fragile e indifeso.” – Sussurrò con un filo di voce. – “E lui non lo è mai.”

    Dolcemente Cameron allungò una mano e la posò su quella di Irene. – “Andrà tutto bene.” – Prendendo chissà dove quella convinzione.

    Irene la guardò come se fosse la prima volta che la vedeva e scattò indietro scansandosi da quel gentile contatto. – “E’ colpa sua se lui è ridotto così! È stata lei a estorcergli il consenso!” – Gridò come impazzita tanto da far fare un passo indietro a una stupita Cameron. – “Lei gli deve stare lontano! Non voglio che più che lei e quel pazzo del suo ex capo vi occupiate ancora di Patrick!”

    Cameron sbatté gli occhi ripetutamente cercando di comprendere quello che le stava dicendo, e quando la comprensione la raggiunse fece ancora un paio di passi indietro come spaventata. – “Io ... io …” – Balbettò incapace di parlare.

    Foreman, nonostante fosse contrario a quell’esame, entrò nel campo visivo della donna e cercò di difendere l’amica e la collega. – “Il signor Highland è stato correttamente informato dei rischi di questo esame e l’ictus è uno di questi. Nessuno qui ha costretto qualcuno a fare qualcosa contro la propria volontà.”

    Il labbro inferiore di Irene tremò. – “Non vi voglio attorno a lui!” – Disse nervosa mentre si precipitava nella stanza dell’uomo.

    Cameron cercò di seguirla, ma Foreman la fermò. – “Lasciala sbollire, è solo spaventata.”

    “Lo so ma …” – Guardò nella stanza di Patrick e vide una scena a lei tanto familiare quanto dolorosa: la donna si era seduta affianco all’uomo privo di coscienza tenendogli la mano. – “Si hai ragione.” – E in fretta si allontanò lasciando Foreman solo e allibito da quel repentino cambio di umore.

    ----------

    Nervosa e tremante, con ancora quella scena in testa, Cameron riempì la propria borsa con gli appunti che aveva portato dal pronto soccorso. Doveva andarsene da lì. Forse la cosa migliore era spiegare la situazione a Cuddy e chiedere qualche giorno di ferie. Si morsicò ripetutamente il labbro inferiore e poi scosse il capo, andarsene non era mai una buona soluzione, le sarebbe bastato rimanere confinata nel “suo” pronto soccorso per i successivi tre mesi e forse tutto quel dolore sarebbe scomparso.

    “Che stai facendo?” – Chiese House che già da un po’ la stava osservando.

    Lei alzò colpevole gli occhi e lo guardò in volto. – “Vado a casa, ci è stato tolto il caso.” – Con voce ferma e orgogliosa.

    “E molli così?” – Chiese lui avvicinandosi. – “Te ne vai solo perché un test rischioso, per il quale era stato correttamente informato, ha prodotto uno degli effetti collaterali?”

    “No!” – Disse socchiudendo gli occhi. – “Mi è stato chiesto di non occuparmi più del caso e sto semplicemente rispettando la volontà del paziente.”

    “Non mi sono state comunicate delle informazioni? Il galletto si è svegliato e non mi è stato detto?” – Chiese dubbioso come se cadesse dalle nuvole mentre le sue parole trasudavano di sarcasmo.

    Cameron scosse il capo incerta. – “No, ma …”

    “Non mi risulta che il galletto abbia autorizzato qualcuno a parlare al posto suo, o sbaglio?” – Mentre si faceva più vicino.

    “No.” – Disse Cameron torturandosi il labbro inferiore per l’indecisione. Quando lo percepì più vicino, alzò la testa orgogliosa. – “Ma lei sa meglio di chiunque altro che cosa lui vorrebbe.”

    “No! Perdio!” - Lui sbatté con violenza il proprio bastone sul tavolo facendola sussultare. – “Lei non lo sa!” – Camminò minaccioso verso di lei. – “Tu immagini, pensi, presumi di sapere quello che lui vorrebbe, ma non puoi trasferire i tuoi sentimenti su quella coppia infelice! Tu non hai minimamente idea di che cosa lui voglia perché se anche fossi tu la sua donna non saresti dentro la sua testa!” – Facendosi sotto minaccioso.

    “La sua testa è fuori uso e poiché non possiamo entrarvi a forza lei è la migliore risorsa che abbiamo!” – Ribatté lei mentre inconsciamente alzava il tono della voce.

    “Non è la stessa cosa! Non esistono due persone che creano esattamente l'identico pensiero e se talvolta accade è solo frutto del caso!” – Mentre il tono della sua voce diventava più forte e profondo.

    “E tu non trasferire la tua fallimentare relazione con Stacy su di loro, non tutti sono pronti a imbrogliarti appena chiudi gli occhi!” – Sapendo perfettamente di entrare in un campo minato.

    Per un istante lui fu sorpreso da tanto ostinato coraggio, ma questo lo costrinse a mettere in capo le armi pesanti. – “E tu non trasferire la tua fallimentare relazione con Chase su di loro perché non tutti sono come dei cuccioli abbandonati bisognosi di affetto.”

    “Chase non è un cucciolo e lascialo fuori da questa storia.” – Mentre il viso le si arrossava e la voce le si faceva roca.

    “Certo che è un cucciolo! Dopo che ha praticamente visto che ti stavo sbattendo contro la parete del mio studio è ancora pronto a scusarti per le tue mancanze verso di lui e ad accoglierti nel suo letto!” – Mentre il respiro gli si faceva breve e rumoroso.

    “No!” – Disse Cameron cercando di riprendere il controllo di se stessa. – “Non è un cucciolo.” – Ripeté con voce forte e sicura. – “Lui è un uomo forte e sicuro di sé, e non ha certo bisogno che io parli per lui.” – Riprendendo a infilare con foga dei fogli nella propria borsa.

    “Tu non lo hai mai baciato come hai fatto con me e questo dovrebbe dire qualcosa sia a lui sia a te!” – Non volendo lasciare l’osso di cui aveva appena assaporato il gusto.

    “Già.” – Sussurrò.

    A quell’affermazione lui la guardò sconvolto. Sbatté rapidamente le ciglia e cercò di comprendere che cosa Cameron avesse voluto sott’intendere. – “Cosa?”

    Lei alzò coraggiosa lo sguardo su di lui e lo affronto. – “Ho detto che hai ragione: io non ti ho ancora superato.” – Disse mentre un lungo e tremulo espiro le sfuggì dalle labbra.

    Lui non riuscì a dire nulla, si limitò a guardarla come spaventato.

    Lei attese una reazione da parte sua che non venne. – “Già, proprio come pensavo.” – Afferrò la propria borsa e fece per uscire dallo studio, ma lui si mise in mezzo ostacolandola.

    Cameron s’irrigidì e bruscamente. - “Anche da me hai avuto la tua libbra di carne! Ora che altro vuoi?”

    “Che intendi dire?” – Chiese timoroso.

    Lei lo guardò sorpresa che non avesse riconosciuto la citazione. – “Il mercante di Venezia?” – Mentre dentro di sé si propagava un senso di sollievo. – “Non hai fatto Shakespeare al liceo?” – Mentre un timido sorriso le incurvava le labbra.

    “So tutto dell’ebreo Shylock che vuole una libbra di carne di Antonio in caso di mancato pagamento, ma certamente non sono qui per discutere della filosofia della vendetta con te!” – Mentre come annoiato le sventolava una mano sotto il naso. – “Io voglio sapere che intendi dire con quel ‘non ti ho superato’”.

    Lei lo fulminò con lo sguardo e prese in considerazione l’idea di tergiversare, ma lo sguardo inquisitorio di lui la face desistere. – “Io e Chase ci siamo lasciati.” – Sussurrò. – “Ora che mi hai reso una miserabile, tu lo sei meno?”

    Lui sbatté ripetutamente le palpebre e la guardò confuso. Si leccò le labbra e fece scivolare la mano sull’impugnatura del bastone. – “No.” – Sussurrò.

    “Fantastico! Nemmeno io!” – Cameron si riuscì a liberarsi e in fretta lasciò lo studio senza guardarsi indietro.

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    --- fine capitolo quindicesimo ---


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    Note:

    TIA (o Transient ischemic attack o Attacco ischemico transitorio ) o Ictus a seconda delle lesioni riportate. È detto ictus, dal latino colpo, un evento vascolare acuto caratterizzato da un improprio afflusso di sangue ad una regione dell'encefalo, dovuto a occlusione, rottura o spasmo di un vaso cerebrale. I termini aulici utilizzati per definire questa patologia rispecchiano la storia della medicina, attraverso le lingue che hanno dominato le scienze nel corso dei secoli, poiché si passa dal greco apoplessi, al latino ictus, all'inglese stroke, che significano tutti allo stesso modo "colpo". Un termine italiano, superiore a questi e più preciso di "infarto", è "accidente cerebrovascolare", che rientra nell'ambito delle sindromi vascolari acute, tra cui annoveriamo anche l'attacco ischemico transitorio (Transient ischemic attack o TIA) e l'emorragia cerebrale. E' detto anche colpo apoplettico. Wikipedia
    Un attacco ischemico transitorio, detto anche TIA, è considerato un mini-ictus. Un'interruzione di breve durata del flusso di sangue in una parte del cervello. Il TIA si presenta improvvisamente e generalmente dura tra i 2 ed i 15 minuti, con scomparsa dei sintomi entro 24 ore. Il TIA è un segnale di una possibile imminente comparsa di un ictus (detto anche stroke). I sintomi del TIA sono simili a quelli prodotti dallo stroke, ma sono di breve durata: visione offuscata, perdita della visione, difficoltà nel parlare, intorpidimento degli arti, improvvisa intensa cefalea.
    Diversi di questi sintomi possono presentarsi in modo simultaneo. Xagena

    Il mercante di Venezia (The Merchant of Venice) è un'opera teatrale di William Shakespeare scritta probabilmente tra il 1594 e il 1597.
    Trama:
    SPOILER (click to view)
    Venezia, XVII secolo. Bassanio, giovane gentiluomo veneziano, vorrebbe la mano di Porzia, ricca ereditiera di Belmonte. Per corteggiare degnamente Porzia, chiede al suo carissimo amico Antonio 3.000 ducati in prestito. Antonio, pur essendo affezionatissimo a Bassanio, non può procurargli il denaro, ma garantirà per lui presso Shylock, ricco usuraio ebreo. Shylock è disprezzato dai cristiani e a sua volta non li sopporta, soprattutto Antonio, che presta denaro gratuitamente facendo abbassare il tasso dell'interesse nella città e che lo umilia coi suoi insulti.
    Nonostante ciò, Shylock accorda il prestito a Bassanio con Antonio come garante. L'ebreo però in caso di mancato pagamento vuole una libbra della carne di Antonio. Bassanio cerca di far desistere il mercante di Venezia dal fargli da garante, ma egli è sicuro di poter saldare il debito, dato che tre navi sono in viaggio per riportare a Venezia ricchezze tre volte più grandi. Il tempo concesso per il saldo del prestito è di tre mesi, mentre le navi arriveranno tra due. Bassanio si reca a Belmonte; i pretendenti di Porzia però, secondo la volontà del suo defunto padre, per ottenere la sua mano devono scegliere quello giusto tra tre scrigni contrassegnati da un indovinello. Bassanio ci riesce.
    Intanto la sfortuna si accanisce su Shylock: sua figlia Jessica infatti fugge di casa sposando un cristiano di nome Lorenzo, amico di Antonio e Bassanio. La ragazza è fuggita portando con sé 2000 ducati e soprattutto lo scrigno contenente l’anello donato a Shylock dalla defunta moglie. L'unica consolazione di Shylock deriva dalla pari sfortuna di Antonio: infatti le sue tre navi sono naufragate e capisce che non potrà saldare il debito.
    Shylock porta Antonio di fronte al Doge e alla corte e chiede di far valere i suoi diritti. Nonostante la crudeltà della proposta, il Doge non può rifiutare di applicare la legge perché il caso creerebbe un precedente dannoso per lo stato. Bassanio e Graziano partono immediatamente in aiuto di Antonio. Ma le mogli Porzia e Nerissa donano loro un anello e fanno promettere loro di non separarsene mai. È proprio Porzia che, travestita da avvocato, salverà Antonio.
    Una volta giunta in tribunale, Porzia, sotto le spoglie di Baldassare, invita Shylock ad accettare i 6000 ducati offertigli da Bassanio ed essere misericordioso. Poi, finge di essere d’accordo con lui citando l’Editto degli Stranieri, e gli comunica che se avesse versato una sola goccia di sangue cristiano i suoi beni sarebbero stati divisi tra Antonio e lo stato, e condannato a morte. Antonio propone anziché la morte, la conversione di Shylock al cristianesimo. Ma, in queste condizioni, senza più le sue proprietà, né la sua religione, Shylock preferirebbe morire e rinuncia ai suoi propositi. Baldassare chiede a Bassanio, come ricompensa per aver salvato l'amico, solo il suo anello e l'uomo finisce con il cederglielo e lo stesso fa Graziano con il suo scrivano.
    Quando tutti i cristiani giungono a Belmonte, Porzia e Nerissa chiedono ai mariti gli anelli, ma entrambi non li hanno più. Quindi le due donne fanno credere di aver trascorso una notte con i nuovi possessori dell’anello per riaverli, prima di rivelar loro che l’avvocato e il suo assistente erano in realtà elle stesse. Antonio fa di nuovo da garante per Bassanio che giura di non separarsi mai più dall’anello. Le proprietà di Shylock saranno donate a Jessica alla morte del padre. Nel frattempo si viene a sapere che le navi di Antonio sono tornate tutte sane e salve in porto.
    Wikipedia


    Anche House parlò di "libbra di carne" con Cameron nella puntata 3.03 Consenso informato (Informed Consent) e aveva un senso ambivalente in un certo senso:
    CITAZIONE
    House: I want you to get a skin sample for a biopsy.

    Cameron: And I wanna get a foot massage from Johnny Damon.

    House: [Walking towards the desk.] Kawasaki’s disease, lymphoma, and sarcoidosis are all treatable.

    Cameron: And it could be a hundred other things that aren’t treatable. You have no idea.

    House: But you do; you know everything.

    Cameron: I didn’t say that I -

    House: [Slams cane down on desk.] Exactly! You can’t decided if we’re helping or hurting him; if he’s good or bad; or if you want paper, plastic, or a burlap sack. Do your damn job. [House starts to leave.]

    Cameron: I’m not gonna lie to him.

    House: Fine, tell the truth. Just get me a pound of flesh.

     
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    Sedicesimo capitolo – Back


    “Che ne dite di una mal formazione congenita?” – Chiese Taub fissando intensamente la lavagna ricoperta di scritte quasi illeggibili.

    “Si più preciso, una mal formazione vuol dire tutto o niente.” – Disse Foreman annoiato senza alzare gli occhi dall’ultimo numero del BMJ. A volte si sentiva come un maestro dell’asilo che si limitava a sottolineare cose ovvie e a controllare che i “bambini” non si facessero male.

    “Forse dovremmo andarlo a cercare!” – Propose Kutner mentre si agitava sulla sedia come se si sentisse a disagio.

    Il neurologo posò sul tavolo la rivista e alzò gli occhi mentre faceva uscire un lungo e modulato sospiro. – “Verrà quando ne avrà voglia.”

    Hadley lo guardò socchiudendo gli occhi. – “Non è mai in ritardo quando ha un caso.” – Quando vide Taub aprire la bocca per dar voce alla solita polemica che sapeva aver sulla punta della lingua, si corresse. – “Mai così in ritardo intendevo dire!”

    “Arriverà!” – Disse Foreman sicuro di se stesso.

    “Se fosse una malattia familiare?” – Propose ancora Taub cercando di ignorare la piccola conversazione che si era svolta sotto i suoi occhi.

    “E’ passato mezzogiorno!” – Ribatté Kutner. – “Forse gli è successo qualc-”

    “Successo qualcosa a chi?” – Chiese House entrando in scena come se fosse una battuta del Re Lear. – “Se la lavagna è ancora occupata vuol dire che è ancora vivo. Aggiornatemi!”

    “E’ stazionario.” – Disse Foreman con la sua solita aria professionale cercando di irritare più del dovuto il proprio capo, sapeva quanto poteva diventare fastidioso e lui voleva evitare di trovarsi impegolato in sbalzi di umore improvvisi e insulti pungenti, non era pagato abbastanza da subire anche quello. – “Al momento è sedato per evitargli degli sbalzi di pressori che potrebbero rivelarsi ancora pericolosi, ma per quanto superficialmente io abbia potuto visitarlo, i segni neurologici indicano che è in remissione.”

    Inizialmente il diagnosta osservò la lavagna non curandosi dei presenti, ma poi gli occhi iniziarono a vagare per la stanza e percepì una mancanza. Foreman continuava a parlare, ma il diagnosta cominciò a cercare la fonte del suo disagio. – “Dov’è Cameron? Non è forse un suo paziente il rosso?”

    Gli assistenti si guardarono tra loro con un misto di sorpresa e d’imbarazzo. – “Sta lavorando al pronto soccorso.” – Disse Foreman rompendo quel momento di silenzio, anche questo faceva parte del suo ingrato compito.

    “E perché mai? Il paziente ha già una diagnosi ed io sono ancora qui che mi scervello inutilmente?” – Mentre il bastone picchiava contro la moquette in maniera incalzante.

    Il neurologo si strofinò la fronte, avrebbe dovuto chiedere a Cuddy un aumento, ma prima di qualsiasi altra cosa aveva bisogno di un’aspirina. – “Penso che abbia a che fare con la richiesta della signorina Daler.”

    House ruotò gli occhi scocciato e la sua bocca si contorse in mosse irripetibili, segno che stava riflettendo su una situazione spiacevole.

    “Potrebbe avere l’anomalia di Ebstein!” – Propose Taub cercando di rendere professionale quella discussione ai suoi occhi inutile.

    “Impossibile!” – Sbottò House senza aggiungere alcuna spiegazione. Lanciò il proprio zaino nel suo studio e velocemente si diresse in corridoio, destinazione sconosciuta.

    “Perché impossibile?” – Chiese Taub contrito che la sua proposta fosse stata liquidata in meno di un secondo.

    Foreman sospirò e ruotò gli occhi quasi scocciato, mentre una battuta Housiana gli si formava sulla punta della lingua. – “In quale classificazione è racchiusa l’anomalia di Ebstein?”

    Kutner e Taub si guardarono perplessi.

    “In quella delle cianotizzanti.” – Rispose sicura Hadley.

    “Appunto!” – Sottolineò Foreman.

    Un ahh corale di comprensione raggiunse le orecchie del neurologo che riprese in mano la propria rivista augurandosi che idee ben più brillanti si formassero nella mente dei propri colleghi.

    ----------

    “Nancy per cortesia, cerca di posizionare un ago cannula alla signora Weiss e poi falla accompagnare in radiologia per quella tac con il contrasto, il dottor Swans la attende tra una mezz’ora.”

    Cameron si stava destreggiando tra un paziente e l’altro come al suo solito eppure, nonostante cercasse di non darlo a vedere, una certa malinconia aleggiava nel suo animo. Se qualcuno fosse riuscito a intravvedere quale stato d’animo si celava dietro a gesti modulati e sorrisi gentili, avrebbe attribuito il tutto alla brusca interruzione della sua relazione con un certo chirurgo australiano, ma in realtà quella era solo una parte di ciò che la affliggeva.

    La giovane dottoressa afferrò un’altra cartella e, dopo averla letta per qualche istante, si preparò ad andare in astanteria, ma una mano dalle lunghe dita aveva ben altri piani per lei.

    La cartella le fu strappata di mano e lei si guardò attorno disorientata. Quando lo vide sbatté rapidamente le palpebre per la sorpresa. Non si aspettava di trovarselo davanti in quel modo, ancor meno dopo quello che si erano detti il giorno prima.

    “Hai bisogno di fosforo?” – Chiese una profonda voce maschile.

    “Cosa?” – Chiese ancor più sconcertata dalla sua domanda che dalla sua stessa presenza in quel luogo.

    “Assumi abbastanza fosforo Cameron?” – Chiese lui quasi scocciato che lei non lo avesse seguito nei suoi contorti ragionamenti. – “Penso che tu abbia problemi di memoria.” – Le lanciò una delle sue occhiate sarcastiche ma poi continuò. – “Forse hai bisogno di incontrare un neurologo e guarda caso ne ho uno nulla facente proprio nel mio studio!”

    Cameron cercò di scansarsi, ma lui glielo impedì ripetendo lo stesso gesto costringendola ad appoggiare le spalle al muro. Entrambi cercavano di controllare la propria frequenza respiratoria, ma con scarso successo. Ogni volta che si rendevano conto di essere nello spazio dell’altro una crescente tensione li sconquassava e tutto diventava frenetico.

    “House!” – Disse lei scocciata, una volta compreso dove voleva andare a parare. – “Non ho tempo di giocare, ho da fare e molto anche.” – Mentre con gesto vago della mano indicava il pronto soccorso e il via vai di gente che lo animava.

    Negli occhi di lei House lesse la sfida, pensò che fosse rivolta a lui, ma non aveva idea di quanto si sbagliasse.

    Lui le lanciò un’occhiata irritata. – “Già! Infatti, hai una diagnosi da portare a termine.”

    Lei scosse il capo quasi rassegnata. – “No, io sono stata allontanata dal caso e quindi ora ho ben altro da fare!” – Cercando ancora una volta di superarlo, ma lui le si parò dinanzi nuovamente e Cameron desistette: per andarsene avrebbe dovuto, nel minore dei casi, strusciare un braccio contro quello di lui e lei voleva evitare questo contatto a tutti i costi.

    “È qui che sbagli!” – Mentre si appoggiava più pesantemente del solito al bastone. – “Lei non aveva l’autorità per chiederti una cosa del genere, ergo il caso è ancora ben saldo nelle nostre mani.” – Mentre un sorriso furbo gli si disegnava in volto. – “Altrimenti perché di sopra ho ancora i bambini che giocano con i pennarelli colorati?”

    Lei non poté trattenere un sorriso che le rischiarò i lineamenti. – “Non penso che sia una buona idea.”

    “Ci dovevi pensare prima di andare a supplicare la latteria ambulante!” – Sapeva che stava per cedere, gli bastava ancora poco. – “Su Cameron! Alza il tuo bel di dietro e fila in diagnostica, non vorrai che Foreman sia costretto a fare il babysitter invece dello scienziato pazzo?”

    Cameron aveva tremendamente la voglia di dirgli che lo avrebbe fatto immediatamente, ma possedeva ancora un po’ di amor proprio. Scosse il capo e rapidamente lo superò strusciandosi contro di lui. – “Ho un lavoro da fare quaggiù, sono certa che tu e il tuo team possiate cavarvela egregiamente.” – Mentre mentalmente si dava una pacca sulla spalla per non averlo sbattuto contro il muro per poi baciarlo avidamente.

    “So che muori dalla voglia di giocare con i miei pennarelli, quindi dimmi di sì e facciamola finita! Non è andata un gran bene l’ultima volta che sono venuto a supplicarti.” – Mentre con nonchalance le ricordava una certa catastrofica cena.

    Lei girò il busto verso di lui mentre un sorriso soddisfatto le danzava in volto. – “Avrei dovuto chiedere un aumento di stipendio, non una cena.”

    “Ormai è tardi, non dipendi più dal mio dipartimento!” – Mentre la guardava con un sorriso divertito e leggermente sarcastico.

    “Appunto!” – Mentre un sorriso rilassato si disegnava sul volto di Cameron.

    Si guardarono negli occhi incapaci di proseguire in quella piccola schermaglia, troppo e in troppo poco tempo era stato portato alla luce.

    “Scusi, è lei la dottoressa Allison Cameron?” – E quelle parole ruppero nuovamente l’equilibrio cosmico appena raggiunto.

    Cameron stava per rispondere quando House si fece avanti. – “Non le hanno mai insegnato a non interrompere due persone che parlano tra di loro?” – Mentre dava un’occhiata critica alla donna che li aveva disturbati.

    La donna fece per rispondere, ma Cameron cercò di correre ai ripari prima che si scatenasse la tempesta perfetta. – “Sì, sono io! In cosa posso esserle utile?” – Mentre la guardava con il suo sorriso più disponibile.

    “Ma tu non impari mai?” – Chiese House stizzito ignorando la donna. – “Mi hanno sparato l’altra volta!”

    “Già e tu avevi indicato me!” – Ruotando gli occhi irritata, poi tornò a rivolgere uno sguardo gentile alla donna che aveva davanti. – “Dicevamo?”

    “Mi spiace!” – Disse la donna tendendo un plico ripiegato tre volte su se stesso. Si voltò quindi verso House. – “Lei deve essere il dottor House.” – Disse tendendogli un plico uguale. – “E per lei non mi spiace!”

    House e Cameron guardarono sconcertati il loro piccolo plico azzurro e poi la donna che in silenzio si allontanava.

    “Che cos’è?” – Chiese Cameron aprendolo in fretta. Scorse velocemente il testo e poi alzò lo sguardo verso il diagnosta. – “E’ un ordine restrittivo: non possiamo avvicinarci a Patrick!” – Mentre stupore e paura trasparivano dalla sua voce.

    “Non dirmi che questo è il tuo primo ordine restrittivo? Brava Cameron! Sono orgoglioso di te! Dovremmo festeggiare!” – Con espressione strafottente e divertita. – “Penso che grazie a questo l’avvocato di Cuddy mi regalerà un nuovo tostapane!”

    “E ora che facciamo?” – Chiese lei confusa.

    “Non eri tu quella che non voleva tornare? Beh! Direi che questo pezzo di carta risolve i tuoi problemi!” – Sventolandole l’ordinanza sotto il naso.

    Cameron ormai non lo ascoltava più. – “Cuddy! Abbiamo bisogno di Cuddy!”

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    --- fine capitolo sedicesimo ----

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    NOTE:


    BMJ o British Medical Journal is an open access medical journal. It is among the most influential and widely read peer-reviewed general academic journals in the field of medicine in the world. The journal is published by the BMJ Group, a wholly owned subsidiary of the British Medical Association that also publishes 24 other journals focusing on various medical specialties. Originally called the British Medical Journal, the title was officially shortened to BMJ in 1988. Wikipedia

    Re Lear è una tragedia in cinque atti, in versi e prosa, scritta nel 1605-1606 da William Shakespeare. La storia che ne fornisce l'intreccio principale affonda le radici nell'antica mitologia britannica. È un dramma a doppio intreccio (schema presente in molte opere dello stesso autore) nel quale la trama secondaria contribuisce a far risaltare e a commentare i vari momenti dell'azione principale. Wikipedia

    NOTE MEDICHE:

    SPOILER (click to view)
    Anomalia di Ebstein è un'anomalia cardiaca congenita a carico della valvola tricuspide, dislocata nel ventricolo destro. I suoi lembi settale e posteriore, anziché nascere dall'anello valvolare si staccano dalla parete ventricolare destra a distanza variabile dal piano della giunzione atrioventricolare. Il lembo anteriore, pur essendo attaccato al giusto livello dell'anello, è più largo del normale e le sue corde tendinee si attaccano alla parete libera del ventricolo. La cavità ventricolare destra, compresa tra il livello dell'anulus tricuspidale e quello dell'attacco dei lembi settale e posteriore, è assottigliata e displasica e la si definisce "atrializzata". Questo provoca un'insufficienza tricuspidale. Nei casi più gravi, l'aumento della pressione nell'atrio destro, attraverso un difetto interatriale (associato nel 50% dei casi) può provocare un passaggio di sangue venoso dall'atrio destro nell'atrio sinistro con conseguente cianosi. Wikipedia (La patologia viene esclusa a priori perchè non è mai stata segnalata una cianosi)


    Edited by Aleki77 - 18/4/2009, 04:55
     
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    Diciassettesimo capitolo – Silence and Talkativeness


    “… non dovrai interferire assolutamente con il tuo team in questi giorni di transizione e quindi, per non lasciarti nulla facente, ho pensato che potrai occupare il tuo abbondante tempo libero stando in clinica.” – Cuddy camminava avanti e indietro per il suo studio mentre cercava di spiegare a due increduli medici le basi dell’accordo che aveva stipulato con il legale della parte avversa.

    House si alzò di scatto e iniziò a gesticolare furiosamente. – “Passi pure che mi togli un caso! Non m’interessa!” – Si avvicinò alla donna con aria furiosa. – “Ma non puoi tenermi lontano dal mio ufficio per lasciare Foreman a giocare al dottore! Che si trovi un altro posto lui! Io c’ero prima!”

    “Oh avanti House! Non metterti a fare i capricci come un bambino, puoi portare con te i tuoi giocattoli!” – Disse Cuddy irritata. Sospirò pesantemente cercando di ritrovare la sua abituale calma e compostezza. – “Ti avevo espressamente invitata a non fare quel test e tu non mi hai dato retta e queste sono solo le conseguenze, prima le accetti e prima riusciremo ad andare avanti con questa faccenda!” – Mentre il tono di voce nelle ultime sillabe rischiò di divenire stridulo.

    Lui si voltò di scatto verso la ragazza in rosa che se ne stava silenziosa in un angolo. – “E tu non dici nulla? È della tua etica che si sta discutendo!” – Gesticolando furiosamente per mettere enfasi nelle sue parole.

    Lei alzò il capo e lo fissò con occhi vacui come se guardasse oltre di lui. – “Ho fatto il mio lavoro con coscienza.” – Bisbigliò con voce sconfitta.

    House ruotò gli occhi indispettito. – “Sì, certo Santa Cameron! La tua coscienza!”

    “House, lasciala in pace!” – Disse Cuddy intromettendosi in quella piccola discussione quasi privata.

    Cameron scattò in piedi e si spostò una ciocca di capelli che era sfuggita al fermaglio. – “Ha ragione lui: la mia coscienza non basta.” – Si guardò attorno per un istante e poi con lunghe falcate si diresse verso la porta. – “Vado a parlare con Irene!” – Convinta che quella fosse la sua unica chance.

    “Cosa?” – Cuddy la guardò frastornata. – “No, aspetta!” – Mettendosi sulla strada della giovane donna. – “Non puoi andarci!” – Allungò una mano verso la donna cercando di fermarla. – “Non puoi avvicinarti alla stanza del paziente e lei non esce davvero mai da quella stanza.”

    La giovane dottoressa la guardò un attimo confusa, ma poi si fece coraggio e cercò una strategia per portare a termine il suo piano. – “La farò uscire con una scusa!” – Lanciando un malinconico sorriso verso House.

    “È una buona idea.” – Disse il diagnosta come se il compiere una qualunque azione lo rasserenasse per un fioco istante.

    “No! Assolutamente no!” – Disse Cuddy risoluta. – “E’ stata molto esplicita: chiunque voglia parlare con lei, lo deve fare tramite il suo avvocato.”

    House guardò scocciato il decano di medicina. – “Per andare in bagno ora dovremo fare domanda in carta bollata?” – Attingendo dal suo vasto repertorio sarcastico.

    “Vi posso far incontrare l’avvocato, ma non ho nessuna intenzione di spendere un centesimo per cavarvi dai guai!” – Cercando di trovare una mediazione accettabile per tutti.

    Cameron e House si scambiarono un’occhiata significativa e in silenzio sembrarono trovare un’intesa. – “Va bene, per ora ci basta.” – Disse Cameron.

    Le spalle del diagnosta vennero scosse da un lungo brivido. – “Detesto gli avvocati!”

    -------------

    Da quando Cuddy li aveva lasciati soli nel suo studio erano già trascorsi oltre cinque minuti e uno scomodo silenzio era sceso tra loro. Cameron si alzò di scatto dirigendosi verso una finestra e House fece magicamente comparire tra le proprie dita una PSP. I suoni del giochetto elettronico furono accolti dalla giovane dottoressa come una benedizione, se il silenzio fosse durato ancora probabilmente si sarebbe messa a urlare tutta la sua frustrazione e una cosa del genere non era suo carattere.

    Riprese a guardare fuori dalla finestra e ricordò quello che soleva dirle sua madre: “Saprai che è quello giusto quando anche in silenzio vi troverete a vostro agio.” Lei scosse il capo vigorosamente e cercò di scacciare quel pensiero. Lo sapeva da tempo che lui non era quello giusto per lei perché non l’avrebbe resa felice eppure non poteva far a meno di volerlo. Lo guardò di soppiatto e rise di se stessa; negli ultimi cinque anni lo aveva considerato come la sua malattia personale da cui non c’era cura se non inutili palliativi, ma ora stava rischiando che l’infezione si propagasse come un incendio in tutto il suo corpo eppure dentro di sé lo sentì come un rischio calcolato che andava affrontato secondo la regola di “O la va o la spacca”.

    “Che pensi che ci dirà?” – Chiese continuando a guardare fuori.

    Lui mugugnò indispettito e subito dopo la musichetta di game over riempì la stanza. – “Mi hai distratto!” – Ruggì il diagnosta.

    Si guardarono per un istante che fu colmo d’imbarazzo, che lui fu pronto a spazzar via con una battuta. – “E’ un avvocato!” – Ruotando gli occhi come se con quelle tre parole avesse chiarito il concetto.

    Cameron ridacchiò e sentì la tensione abbandonarle le spalle. – “Già, è per questo che te lo chiedo, sei tu quello esperto di questi colloqui.”

    Lui scartò un lecca-lecca alla fragola e le mostrò una faccia buffa. – “Di solito io sono quello in un angolo che si ascolta l’ultimo album dei Green Day.”

    “Oh certo! Avrei dovuto immaginarlo.” – Si allontanò dalla finestra e si sedette sul divanetto a poca distanza da lui. – “Ne hai uno per me?” – Chiese tendendo una mano.

    Lo sguardo che lui le lanciò fu un miscuglio di orrore, sorpresa e compiacimento. – “Non sei preoccupata che ti possa venire una carie?” – Mentre tirava fuori dal taschino un lecca-lecca rosso.

    “Mi lavo sempre i denti prima di andare a dormire.” – Sfilandoglielo dalle mani senza ringraziarlo.

    “Una brava ragazzina insomma!” – Disse lui disgustato.

    Lei fece spallucce e s’infilò il lecca-lecca in bocca. – “Adoro le fragole.” – Gli lanciò uno sguardo angelico e poi si sistemò una ciocca di capelli dietro a un orecchio.

    “Quand’è che tornerai bruna?” – Mentre cambiava il settaggio della propria PSP.

    “Pesavo che ti piacesse il mio look da prostituta.” – Mentre un sorriso soddisfatto le si disegnava in volto.

    “Pensavo che festeggiassi ogni tuo cambiamento di status cambiando colore.” – Alzando per un attimo gli occhi dal giochino.

    Lei lo guardò confusa, ma poi una luce di comprensione le si accese negli occhi. – “Oh quello!” – Sprofondò un poco di più nel divano e lasciò che un leggero sospiro vagasse per la stanza. – “Non l’ho ancora elaborato.”

    Lui finse nuovamente di concentrarsi sulla propria PSP. – “Ti ha lasciato lui suppongo.” – Mentre traspariva tutto il suo nervosismo da come muoveva il ginocchio sinistro. – “E’ più facile, meno senso di colpa, meno …”

    “L’ho lasciato io.” – Senza permettergli di finire la frase.

    House alzò di scatto gli occhi verso Cameron e un’espressione sbigottita gli si dipinse in volto. – “Oh!” – Fu tutto quello che riuscì a dire, mentre una valanga di domande lo investirono.

    Senza preavviso la porta dello studio si aprì e la voce di Cuddy annunciò che non erano più soli.

    Cameron scattò in piedi e fece scivolare nel taschino dello srub il lecca-lecca.

    “Prego da questa parte.” – Disse Cuddy facendo entrare un uomo biondo sui trentacinque anni. – “Le presento la dottoressa Cameron e il dottor House signor Highland.”

    A quel nome sia Cameron sia House non poterono far a meno di scrutare l’uomo che avevano davanti.

    “Molto piacere.” – Disse tendendo la mano nella direzione di Cameron. – “Godfrey Highland.”

    La giovane dottoressa gli strinse la mano con professionalità. – “Allison Cameron.”

    Il giovane avvocato tese la mano verso House che lo ignorò platealmente aumentando il volume del suo giochetto spara-spara.

    Cuddy buttò gli occhi al cielo, ma si riprese in fretta. – “Il signor Highland è l’avvocato personale del signor Patrick Highland.”

    “Vedo che questo paese continua a reggersi sul nepotismo.” – Disse House senza realmente distrarsi.

    L’avvocato rise. – “In effetti, ha ragione dottor House, l’essere cugino di Patrick mi ha permesso di avere un ufficio d’angolo con una comoda poltrona di pelle.”

    “E il nome lo hanno trovato su un almanacco del 1800 immagino.” – Alzando finalmente lo sguardo.

    “Questa è più facile!” – Disse ridendo. – “Un’ala della biblioteca di Princeton era intitolata a mio nonno e quindi i miei si sono solo assicurati che fosse ben chiaro a rettori e a professori che il mio cognome non era frutto del caso.”

    “Un raccomandato dunque!” – Mentre con lo sguardo si soffermava su dei dettagli apparentemente inutili come la piega dei pantaloni.

    “Ovvio!” – Mentre la sfida gli ardeva negli occhi.

    “Mi spiace …” – Disse Cuddy cercando di trovare ancora una volta le parole per giustificare il suo miglior diagnosta e suo peggior dipendente.

    “Non importa.” – Disse scuotendo una mano. – “Irene mi aveva avvisato.”

    “Dunque conosce bene quella pazza.” – Disse House mentre di nascosto Cuddy cercava con gesti disperati di fermarlo.

    “Lo spero bene! Irene è mia moglie.” – Sorridendo amabilmente.

    E l’ufficio piombò nel silenzio.

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    ---fine diciassettesimo capitolo---

     
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  4. Aleki77
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    Diciottesimo capitolo – Brain teaser


    Il silenzio era rotto solamente da dei respiri leggeri e affrettati.

    L’uomo rise spezzando la tensione. – “In effetti, avrei dovuto immaginare che Irene non vi avesse detto che oltre ad essere l’avvocato di Patrick sono anche suo marito.” – Con un rapido movimento della mano spostò i capelli a lato. – “Prevedibile.” – Mentre il sorriso con cui era entrato sembrava sempre più indelebile.

    “Parentele con canguri britannici?” – Chiese House come se non potesse trattenersi dall’insultarlo. – “Più la conosco e più me ne ricorda uno.”

    Lo sguardo di Cameron fu di gelo puro, ma il diagnosta continuò imperterrito. - “Come funziona la vostra re…” – Ma Cuddy lo interruppe bruscamente interponendosi fra i due uomini.

    “Penso che sia il momento migliore per superare la fase delle presentazioni e proseguire con il caso.” – Indicando i comodi divani del suo studio.

    “Vorremmo che fosse ritirato l’ordine restrittivo.” – Cominciò Cameron. – “Il signor Highland si è rivolto a noi affinché la sua malattia avesse un nome e possibilmente una cura.”

    “Infatti.” – Disse il giovane avvocato. – “Ma voi non avete rispettato questo patto e ora è in pericolo di vita.”

    “Non è esatto.” – La voce roca di House distolse il giovane avvocato dal guardare con troppo interesse le curve di Cuddy. – “Il TIA che ha avuto non mette in pericolo la sua vita e direi che è sufficiente svegliarlo per sapere con esattezza quali sono le sue condizioni oltre che le sue volontà naturalmente.” – Si passò il bastone da una mano all’altra quasi che fosse un giocoliere. – “Il TIA è solamente un nuovo sintomo che ci indica la direzione in cui indagare.” – Vedendo che l’avvocato meditava, decise di spingere oltre la sua fortuna. – “Abbiamo un neurologo nulla facente di sopra, facciamo in modo che si guadagni lo stipendio valutando da sveglio il galletto irlandese.”

    “Su questo sono assolutamente contrario.” – Mentre il volto dell’uomo s’indurì per una frazione di secondo. – “Niente stress, questo è quello che mi è stato raccomandato da ogni medico cui io mi sia rivolto.”

    “Ma così non si potrà valutare le sue condizioni neurologiche!” – Esclamò una Cameron preoccupata. – “Era a conoscenza dei rischi del test da sforzo. Io stesso glieli ho spiegati e mi sono assicurata che li comprendesse, mantenerlo inutilmente in quello stato può solo ritardare la diagnosi e accelerare un possibile decesso a causa di quella patologia ignota di cui è affetto!” – Mentre la preoccupazione la faceva diventare logorroica. – “La medicina basata sulle evidenze dice chiaramente che è necessario far riprendere il prima possibile ogni attività fisica, psichica e sociale per evitare che …”

    “Si dice anche che ci sono dei casi particolari per cui è necessario prendere una strada diversa!” – Ribatté convinto l’uomo.

    “Ci rivolgeremo a un tribunale.” – Disse Cuddy intervenendo in quella discussione che si stava animando.

    “È nelle vostre possibilità!” – Si alzò dal divanetto per dirigersi verso la porta. – “È stato un piacere.” – Mentre afferrava la maniglia della porta.

    “Ci guadagna di più se resta in vita o se muore?” – Chiese House a brucia pelo.

    “Come scusi?” – Mentre sul volto dell’avvocato si dipingeva un’espressione confusa che però durò meno di un millesimo di secondo.

    “Se dovesse morire, chi erediterebbe?” – Mentre un’espressione alla Sherlock Holmes apparve sul volto di House.

    L’avvocato rise divertito. – “Mi spiace, non siamo in un romanzo di Aghata Christy e lei non ha appena scoperto il colpevole!” – Mentre allentava la presa dalla maniglia della porta. – “Attualmente, tutto il patrimonio finirebbe controllato da un gruppo di azionisti, io controllerei solamente un 5% dell’intero pacchetto.” – Si ravviò i biondi capelli. – “Me la passo notevolmente meglio ora!” – Esclamò ridendo. – “Ricevo regolarmente una commissione del 20%.” – Detto questo uscì dallo studio, lasciando gli altri sbigottiti.

    “Non è stata una grande idea quella di accusarlo.” – Disse Cuddy sprofondando nella poltroncina. – “Penso che mi arriverà anche una denuncia per calunnie!”

    “È solo un pomposo idiota che crede che con un po’ di soldi possa fare il bello e il cattivo tempo!” – Disse acidamente House.

    “In effetti, è proprio così!” – House e Cameron si voltarono verso una Cuddy sconsolata, che continuò. – “Ho chiesto un’udienza, ma non sono riuscita ad averla prima del prossimo fine settimana e per allora sarà tutto inutile.” – Scuotendo il capo.

    “Ha corrotto dei cancellieri?” – Chiese inorridita Cameron.

    “Cancellieri, giudici, pubblici ministeri … tutti … e probabilmente non ha nemmeno dovuto elargire mazzette, con il suo nome può ottenere praticamente qualsiasi cosa.”

    “Fantastico!” – Esclamò House. – “Quindi, come lo risolviamo questo rompicapo irlandese?”

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    --- fine diciottesimo capitolo ---

    Edited by Aleki77 - 30/7/2009, 13:27
     
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    Diciannovesimo capitolo – Thieves


    “Sei sicuro che non finiremo nei guai?” – Chiese in un sussurro un’ansiosa voce femminile nel fitto buio.

    “Certo che ci metteremo nei guai se tu continui a parlare invece di lavorare!” – Rispose bruscamente una voce maschile. – “Zitta e cerca!” – Mentre la luce di una torcia elettrica creava un tenue cono di luce.

    Rapidamente le due figure frugarono in ogni cassetto, raccoglitore e cartella presente nel grande studio.

    “Puff!” – Sbuffò irritato l’uomo. – “Rubare in casa propria! Questo è il colmo!” – Fece per accendere la luce delle lampade, ma la donna lo bloccò per un polso, spingendolo poi contro una libreria.

    “Arriva qualcuno!” – Bisbigliò lei, spegnendo propria torcia.

    Il rumore di passi quasi rimbombò per i corridoi vuoti del PPTH. Delle voci gioviali e poco accorte si sovrapposero ai respiri affannosi dei due nascosti nell’ombra.

    “Dove passerai il Natale?”

    “Da mia suocera nel Maine.” – Con voce afflitta. – “L’anno prossima supplicherò di poter lavorare.”

    “Ti cederei volentieri il mio turno di quest’anno, ma non penso di essere abbastanza coraggioso da affrontare l’ira di tua moglie.” – Entrambe le guardie notturne risero divertite, ma un rumore alla loro destra li rese vigili e tesi come corde di un violino.

    “Che è stato Gas?” – Bisbigliò il più giovane dei due.

    “Non so.” – Replicò in un soffio quello più corpulento. – “Viene da diagnostica!” – Indicando la porta di vetro su cui era stampato il nome del più controverso medico del PPTH.

    “Brrr … quel posto mi da i brividi … come quell’House!”

    “Pensavo fosse il laboratorio di patologia umana a darti i brividi!” – Ridacchiò brevemente Gas.

    “Questo di più!” – Mentre cercava il coraggio per affrontare l’ignoto.

    Si avvicinarono circospetti alle porte, mentre le due figure nascoste nell’ombra si strinsero un poco più vicini.

    “Hei! Scusate!” – Disse una voce femminile alle spalle dei due guardiani notturni. – “Potete darmi una mano?”

    Gli uomini si girarono velocemente, mentre istintivamente le mani andarono alle loro armi. – “Si?” – Chiese quello più anziano.

    “Abbiamo un problema con un paio di senza tetto: si sono rifugiati nei bagni di questo piano e ora abbiamo bisogno di una mano per farli uscire per metterli sul taxi che li porterà al centro notturno di Mann street.”

    I guardiani notturni si scambiano un’occhiata titubante, diedero un veloce sguardo dentro lo studio attraverso il vetro e, non vedendo nulla di sospetto, si diressero nel luogo dove maggiormente c’era bisogno del loro intervento. I ladri erano momentaneamente salvi.

    Le due persone nascoste nell’ombra tirarono un udibilissimo sospiro di sollievo, ma entrambi sembrarono restii a tornare a compiere il proprio lavoro illecito.

    “House.” – Bisbigliò la donna. – “Togli quella mano dal mio seno!” – Con voce scocciata.

    “Seno?” – Chiese lui allibito. Accese la torcia e osservò il volto illuminato di Cameron e poi il torace. – “In effetti, lì dovrebbe esserci un tuo seno.” – Staccò la mano quasi arrossendo, ma in pochi attimi riprese la baldanza di sempre. – “E’ facile confondersi, sei piatta come una tavola!”

    Cameron non riuscì nemmeno a mugugnare qualcosa che lui si staccò rapidamente da lei per ricominciare la propria ispezione. – “Dovremmo avere tutto!” – Disse qualche minuto dopo. – “Andiamo alla bat-caverna Robin!” – Mentre un sorriso diabolico gli distorceva i lineamenti.

    Cameron ruotò gli occhi, ma prontamente lo seguì, non aveva nessuna intenzione di spiegare alle guardie notturne che cosa stavano facendo lì e ancor meno di dover affrontare Cuddy dopo che era stata così esplicita nei loro confronti.

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    ---- fine diciannovesimo capitolo ----
     
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    Ventesimo capitolo – The other side


    “C’è qualcosa d’interessante?” – Chiese House mentre faceva roteare il proprio bastone.

    “Niente di diverso da quello che già sapevamo.” – Rispose Cameron alzando gli occhi dai fogli che stava consultando.

    La donna era seduta sul tappeto di fronte al caminetto di House mentre scartabellava ogni referto che riportava il nome del loro paziente.

    “Ok, facciamo il punto della situazione!” – Disse subito dopo aver ingoiato l’ultimo sorso del liquore di cui si era generosamente servito appena tornato a casa.

    “Ipertensione resistente ai comuni beta bloccanti, sudorazione profusa, dolore toracico, saltuarie cefalee e come ultimo un attacco ischemico transitorio.” – Elencò la dottoressa togliendosi gli occhiali da lettura.

    House cercò una superficie comoda per scrivere, ma decise che il proprio divano non era adatto a divenire la nuova lavagna, così scivolò in avanti con il sedere assumendo una posizione molto bislacca. Chiuse gli occhi ed elencò nuovamente i sintomi. – “Cefalea, dolore toracico, sudorazione, ipertensione …”

    “E TIA.” – Aggiunse Cameron come per aiutarlo a ricordare.

    Lui scosse il capo. – “Lasciamo da parte il TIA, ci fa solo confusione ed è solamente un sintomo secondario. Dobbiamo concentrarci sulla sequenzialità dei sintomi.”

    Cameron buttò indietro il capo e sbadigliò sonoramente per poi arrossire un poco. – “Scusa.” – Bisbigliò. – “Non vedo un letto da molto, troppo tempo.”

    Lui ruotò gli occhi. – “Così non mi servi.” – Mentre apriva gli occhi e la guardava in sottecchi. – “Di là c’è il mio letto, usalo pure, ma vedi di non sbavare sui cuscini! Ho cambiato le lenzuola solamente la settimana scorsa!”

    Il sopraciglio destro di Cameron si arcuò pericolosamente. – “Passo.” – Disse prima di sbadigliare nuovamente. – “Non sono dell’umore adatto per dormire su delle lenzuola cosparse di liquidi organici altrui!” – Mentre una smorfia disgustata le si dipingeva in volto.

    Il diagnosta non poté fare a meno di sorridere nel vedere quell’espressione così insolita per la composta e professionale dottoressa Cameron. – “Sai.” – Con un sorriso sornione. – “Dormo sempre dallo stesso lato.” – Vedendo nella donna uno sguardo perplesso continuò. – “Per capitare sul lato pulito devi solo lanciare in aria una monetina e sperare che la fortuna sia con te … o no?!!” – Divertendosi a provocarla.

    “Non solo sicura che il gioco valga la candela.” – Disse Cameron poco convinta. – “Probabilmente il lato sporco è quello nascosto e ho come l’impressione che non sia vero che tu dorma da un solo lato.”

    L’espressione scherzosa di House venne sostituita con una assolutamente seria e concentrata . – “Cos’è che hai detto?” – Sporgendosi in avanti, verso la donna.

    Cameron si sentì in imbarazzo, non pensava di averlo offeso per così poco.

    “Cameron, ripeti quello che hai detto!” – Disse nuovamente.

    “Che ho come l’impressione che non sia vero che tu dorma da un solo lato?” – Titubante.

    “No! L’altra!” – Disse perentorio il diagnosta.

    “Che probabilmente il lato sporco è quello nascosto?” – Sussurrando a mezza voce sempre più dubbiosa.

    Il diagnosta scattò in piedi e si diresse verso la propria libreria. Scorse velocemente i titoli dei testi presenti e poi, con un’espressione compiaciuta ne afferrò uno.

    Cameron lo guardò affascinata. – “Che c’è di così interessante in quel trattato di oncologia cardiaca?” – Mentre la curiosità le permeava la voce.

    “Tu avevi detto che poteva essere un tumore surrenalico, giusto?” – Lei fece un piccolo cenno con il capo e questo lui lo considerò un invito a continuare. – “Ma le sue surreni erano pulite.” – La scrutò dall’alto della sua altezza e quindi proseguì. – “Conosci la regola del 10 nel feocromocitoma?”

    “Si, certo.” – Disse Cameron e vedendo che lui non proseguiva decise di esporla. – “Nei 10% dei casi può essere familiare, bilaterale, maligno, pediatrico, senza ipertensione e … ed extra surrenalico.” – Mentre scandiva le ultime parole come se avesse compreso.

    “Esattamente!” – Uno sguardo di intesa corse tra i due.

    “Ma dove può essere? La vescica non ha problemi e il suo cuore e i grossi vasi sono puliti!” – Mentre il dubbio affiorava nella voce di Cameron.

    “E’ proprio per questo che sto consultando questo vecchio tomo che Wilson lasciò qui dopo il suo ultimo divorzio.” – Mentre la certezza della diagnosi gli si leggeva in volto. – “E’ su una parete cardiaca, ma all’esterno del cuore.”

    Cameron scosse il capo. – “Non può essere, ho fatto un’ecografica e non ho rilevato anomalie e tu hai fatto un cateterismo cardiaco.” – Quasi delusa che la diagnosi le sfuggisse ancora, ma dopo aver guardato il diagnosta l’ottimismo tornò nel suo sguardo. – “Ma con l’ecografia ho potuto vederne solo un lato!”

    “Esattamente!” – Rispose lui.

    “Adesso dobbiamo solamente provare la nostra teoria e con un prelievo per dosare la dopamina e la norepinefrina e una PET scan per vedere il tumore e quindi farlo rimuovere.” – Mentre l’entusiasmo era pressoché palpabile nella voce della dottoressa. – “Dobbiamo solo convincere Foreman a fare questi test e il signor Highland starà bene!”

    “Già! Sarà facile come rubare una caramella a un bambino diabetico!” – Mentre con un grugnito mostrava la sua perplessità.


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    ---- fine ventesimo capitolo ----

     
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20 replies since 19/11/2008, 15:21   423 views
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